mercoledì 14 dicembre 2011

Telematizzazione: La Rete come opportunità di crescita economica

Era da tempo che non ci si risentiva… Nel frattempo il viaggio dell’Enterprise è continuato e “nell’uscire dal Sistema Solare”, atto associabile al salto verso il nuovo, si sta profilando un nuovo orizzonte per la Pubblica Amministrazione: la “Telematizzazione” sospinta dall’ubiquità e dal basso costo dell’Ict.

Sembrerebbe un’altra delle “mode italiane”: dal punto di vista socio-economico, l’Italia cede facilmente alle “mode”, molto più di altre nazioni (si pensi alla diffusione della telefonia cellulare), probabilmente per il fatto che siamo una nazione che ama molto discutere e poco decidere… Ciò spiegherebbe la sua forte inclinazione a perseguire l’adagio del “finché la barca va lasciala andare” e seguire una moda non è altro che questo, giacché cela il concetto che “se va bene per il vicino, andrà bene anche per me…” senza chiedersi altro.

Gli ultimi eventi, però, stanno dimostrando che non si può più rimanere immobili aspettando che sia qualcun altro ad inventare una “moda”: è l’economia globale che sta cercando nuovi sbocchi e continuiamo ad essere un sistema-paese molto impreparato a cercare nuovi orizzonti. Amiamo, e purtroppo a tutti i livelli, fruire di quel che c’è sino a quando non s’esaurisce (e lo chiamiamo “amministrare”…), poi, dopo il “tonfo”, quasi magicamente riusciamo a ritrovare la strada, ma spesso dopo dolorose conseguenze. Siamo fucine di idee come singoli, ma lenti dinosauri come sistema e questo, più d’una volta, ha implicato il nostro arrivo come secondi o addirittura ultimi ad una opportunità di rilancio sistemico, con l’ovvia conseguenza di contar poco a livello internazionale: siamo “amati”, ma non “rispettati” e questo problema ultimamente s’è molto aggravato e ci vorrà molta energia e costanza per venirne fuori…

Paradossalmente, però, l’ultima “moda” della “telematica ovunque” può giocare a nostro favore: la Pubblica Amministrazione, grazie a Leggi particolarmente innovative, sta costruendo una sua autocoscienza e, finalmente, sta cominciando a credere seriamente al fatto che per vincere la battaglia col futuro prossimo occorre passare dalla mera collezione di enti alla costruzione d’un sistema, attuando quelle forti razionalizzazioni ed unificazioni che l’Ict consente di realizzare a basso costo.

Il sito www.dati.gov.it è già una prova, ma bisogna far si che non sia una “moda”, ma un fatto strutturale utilizzabile per crescere seguendo una vera logica di investimento… Si, investimento, anche se parliamo di Pubblica Amministrazione la quale non ha né “utili” né “dividendi” in senso aziendalistico, ma sicuramente li ha a livello di indotto sulla società e sull’economia.

Il 5 novembre u.s. l’AGDP (Associazione delle giovani classi dirigenti della Pubblica Amministrazione) si riuniva a Taormina e redigeva un bellissimo documento dal titolo “Spendere meno per fare di più” che vi invito a scaricare e leggere avidamente nelle sue 15 pagine. Ci sono dentro tre concetti fondamentali:

  1. La presa di coscienza che la Dirigenza Pubblica non è una emanazione politica, anzi, pur essendo leale ad ogni Governo (perché così dev’essere) aborrisce le ingerenze della Politica nell’Amministrazione esigendo un leale confronto alla pari: se la Politica distribuisce le risorse, la Pubblica Amministrazione attraverso la sua classe dirigente non ha il compito di “spenderle”, ma di farle fruttare. Proprio per questo si auspica un forte affermarsi della “imprenditorialità” del Dirigente e della meritocrazia non solo nelle scelte dei “Top Manager”, ma anche nelle progressioni di carriera dei pubblici dipendenti.
  2. I costi della Pubblica Amministrazione non sono per nulla assimilabili ai costi della Politica, logica che ha penetrato la pubblica opinione proprio per le forti ingerenze della Politica nella strutturazione e nella guida della “Macchina Pubblica”. Finalmente, la Pubblica Amministrazione inizia a gridare a gran voce che ha una sua personalità sancita dalla Costituzione: questo è il seme dell’autocoscienza d’essere sistema, seme che va coltivato con azioni concrete.
  3. Presa di coscienza, traendo spunto dalla Dichiarazione di Granada, siglata lo scorso anno dai Ministri responsabili delle politiche della Società dell’informazione nei paesi UE (durante la quale è stato evidenziato che il settore Ict contribuisce per il 50% all’aumento della produttività) che l’Ict è un investimento. Le potenzialità delle nuove tecnologie informatiche costituiscono un’occasione straordinaria per la Pubblica Amministrazione e non solo in termini di aumento della produttività ma anche di incremento della accessibilità dei servizi da parte dei cittadini. In particolare, le nuove applicazioni wireless e cloud stanno profondamente modificando (e migliorando) le modalità lavorative nel settore privato. La PA italiana non può permettersi di rimanerne fuori. Ci sono sicuramente dei costi iniziali, che debbono essere resi compatibili con le esigenze di finanza pubblica, ma i benefici nel medio-lungo periodo, sia di risparmio che di maggior efficienza dell’attività amministrativa, sono incomparabili, soprattutto se si pensa al fatto che cablando i rapporti si cablano anche le regole ed il funzionamento della “Macchina Pubblica”, instillando, così, fiducia nei cittadini. Il Web è fortemente pervasivo e semplifica giorno per giorno l’interazione uomo-macchina. E’ vero che la telematizzazione spinta porta in sé il problema del “Digital Divide” che suona come un nuovo analfabetismo, ma è proprio su questo campo che la PA può mostrare i suoi muscoli ed invertire le sorti del paese… Si, c’è la concreta possibilità di risolvere l’annosa “Questione Meridionale” cablando regole omogenee su tutto il territorio nazionale, infliggendo un colpo mortale a “pseudo-prestazioni” direttamente collegate al voto di scambio e ad altre anomalie, ma occorre volerlo… La tecnologia c’è e costa anche poco, manca una seria politica di investimento sulle regole e sugli uomini! Risultati ed infrastrutture emergeranno naturalmente dalla collettività amministrate, se il quadro di riferimento è chiaro alla fonte…

Quello che emana da tutto ciò, visto alla luce del difficile momento che il mondo industrializzato sta vivendo, non è spiegabile in pochi post, né in un documento… Dev’essere percepito nel profondo come illuminazione dalla quale trarre slanci propulsivi. Ogni persona investita di responsabilità pubblica ci arriverà per la sua strada, ma solo se ha ben metabolizzato che è finito il momento “dell’apparire” ed è venuto quello “del fare”, agendo seriamente in modo costruttivo e strutturale nel proprio ambito d’azione. Un dirigente o, in generale, un responsabile che, alla stregua d’un religioso fanatico, segue alla perfezione ciò che dicono le “circolari” del livello superiore senza arricchirle del suo sapere e dei suoi valori (che ha messo lealmente a disposizione della Repubblica Italiana) cosa costruisce in più? La risposta è scontata: nulla, se non il perseguimento della propria tranquillità personale (con un dispregiativo “la propria poltrona”) che rappresenta, a tal punto, mero costo senza crescita dell’organizzazione in cui opera.

Non è facile trovare un concetto che faccia scoccare la scintilla, ma per il nome che mi sono attribuito, spero di darvela con una storia di fantascienza ispirata alla Saga di “Star Trek”.

Finalmente un nuovo pianeta

E’ passato più di un anno da quando abbiamo lasciato la Terra, Giove ci ha fiondato con la sua forte spinta gravitazionale, fuori dal Sistema Solare.

Siamo fuori dal piano orbitale di tutti i pianeti e siamo quasi in opposizione all’indisciplinato Plutone, che con la sua orbita fortemente inclinata si distingue da tutti… Siamo lontani dalla fascia degli asteroidi e non ci sono comete nelle vicinanze, o meglio, ce n’è una relativamente lontana con un’orbita quasi iperbolica… Non darà alcun fastidio… Anche la Fascia di Kuiper è lontana, del resto è piatta ed adagiata sul piano equatoriale della nostra stella… Tra poco sarà possibile accendere il motore a curvatura e puntare alla volta della stella PX235479, una nana gialla simile al Sole distante un centinaio di anni luce dalla Terra.

Attorno ad essa orbita un pianeta con un raggio due volte e mezzo più grande ed abitabile (gli astrofisici lo definiscono una “Superterra”), anzi, abitato, perché studiando l’entropia dei deboli segnali elettromagnetici che arrivano s’era già notato che lassù vive una società evoluta… Speriamo solo che non sia aggressiva e di riuscire a fargli comprendere che stiamo andando là in pace… Forse lassù ci sarà spazio per la razza umana e si potrà ricominciare buttando alle spalle i nostri errori e portando, con umiltà, il nostro sapere per costruire, insieme, un mondo più giusto che vive in armonia col suo ambiente…

Ero preso in questi pensieri e stavo analizzando meglio i segnali provenienti dal pianeta. A parità di superficie erano molto più deboli di quelli terrestri, ma denotavano una tecnologia simile se non più evoluta, sebbene quei segnali avessero un secolo, quegli esseri intelligenti avevano certamente minimizzato l’uso dell’informazione tramite onde radio…

Fui interrotto dall’informatico che voleva visitare Venere che di nuovo con saccenza polemizzava sul fatto che avevamo perso più di un anno di tempo per uscire dal Sistema Solare, quando potevamo accendere subito il motore a curvatura. Pensavo a problemi ben più grandi ed avrei preferito zittirlo, ma ognuno ha diritto ad una parola di verità, perché il vero spinge a costruire mentre gli ordini perentori, mortificando nell’intimo la persona, portano verso una distruttiva individualità. Decisi così di rispondergli:

-          Accendendo dentro il Sistema Solare il motore a curvatura avremmo perturbato il moto di tutti i pianeti, rompendo il delicato equilibrio di risonanza gravitazionale di tutti i corpi!...
-          Ma eravamo molto distanti dai singoli pianeti!...
-          Ti dice niente la Relatività Generale? Il motore a curvatura avrebbe provocato un’onda gravitazionale che avrebbe scagliato tutti gli altri pianeti chissà dove… I cambiamenti climatici non sono del tutto irreversibili e non è detto che la Natura non trovi un nuovo assetto e la Terra continui ad essere abitabile, anzi, c’è chi sta lavorando per incentivare un nuovo equilibrio e ci sono buone probabilità che ci riesca… Con la tua semplicistica idea avremmo buttato via l’ultima opportunità per il nostro pianeta!...
-          Ma se ne stiamo cercando uno nuovo!...
-          Ci vorranno anni per trasbordare e poi, dimentichi che la Terra resterà comunque il tuo mondo, quello che ti ha permesso di nascere, vivere ed essere quel che sei… Mi sembri alquanto cinico a volerlo liquidare come un barattolo vuoto senza tener conto che ancora ci sono buoni margini per salvarlo e costruire su di esso un mondo che non ripercorrerà più gli stessi errori! E poi… Hai dimenticato che laggiù c’è ancora gente?! Hai dimenticato che se per noi il viaggio interstellare durerà poco più di due mesi tra andata e ritorno sulla Terra saranno trascorsi due secoli e forse sarà troppo tardi per fare qualcosa?!...

A queste parole lo vidi riflettere… Si rabbuiò e abbassando gli occhi disse mestamente: “Mi perdoni, capitano!...”. Si sedette davanti al suo monitor e, continuando ad osservarlo, vidi che era entrato nella biblioteca dell’Enterprise a consultare un serio testo di Relatività Ristetta e Generale. “Finalmente scienza vera”, pensai, “Ti servirà…”.

Eravamo ormai fuori dall’influenza gravitazionale del Sole e perlomeno, da questo punto, avrei potuto far in modo che l’onda gravitazionale del motore a curvatura avesse impattato su tutto il Sistema Solare in un sol colpo e questo l’avrebbe lasciato indenne. Diedi l’ordine di attivare lo schermo protettivo della capsula con l’intero equipaggio e di accendere il motore a curvatura… Ben presto lo spazio di fronte a noi si sarebbe corrugato ed avremmo attraversato in poco meno di un mese i cento anni luce che ci separavano da PX235479.

Nessun intoppo… A parte controlli e manutenzioni normali il motore a curvatura fece il suo compito e, dopo una quindicina di giorni, cominciammo a decelerare. Pochi giorni dopo lo spazio era tornato quasi piatto, se non per la piccola buca gravitazionale di PX235479… Scorgemmo il sistema planetario e la “Superterra”: cinque pianeti con uno più grande, gassoso e poco più piccolo di Giove, altri due giganti fluidi, paragonabili a Urano e Nettuno ed un pianeta di tipo terrestre simile per dimensioni a Venere, ma surriscaldato come Mercurio (era quasi alla stessa distanza). Anche qui una cintura di comete ed una fascia di corpi del tutto simile a quella di Kuiper.

Ci eravamo materializzati da poco in quella regione della Via Lattea e mi apprestavo a lanciare un segnale di saluto verso la Superterra… Non ce ne fu bisogno… Siamo stati affiancati da tre astronavi e da una, più grande, proveniva un segnale prima indistinto, poi chiaro: eravamo entrati in contatto con la civiltà della Superterra ed una voce sintetizzata elettronicamente iniziò a parlare:

-          Benvenuti nel Sistema di Sadon, stranieri! Siamo armati e potremmo disintegrarvi in un solo istante, ma sono anni che non conosciamo più le guerre! Se venite in pace accoglieremo una vostra delegazione sull’astronave madre! Che il comandante risponda!...
-          Anche noi veniamo in pace, sono il Capitano Kirk dell’astronave Enterprise, veniamo dal Sistema Solare, nello stesso braccio galattico a cento anni luce da voi, replicate se comprendete il nostro messaggio!...
-          Abbiamo compreso anche le vostre onde mentali Kirk, avete parlato con cuore sincero!... Ci stiamo sintonizzando sul vostro sistema di comunicazione per farci vedere e vedervi!... E’ un po’ rudimentale, ma avevate previsto un sistema di interazione con altre civiltà!... Eccoci!...

Lo schermo di interazione si illuminò e potemmo vederli all’interno dell’astronave madre… Erano umanoidi indistinguibili, all’apparenza, da noi!... La prima barriera era stata superata!... La voce aveva preso forma e continuò:

-          Sono Zantor, comandante di questa astronave madre e della flotta di guardia… Al mio fianco, Selion, comandante in seconda!... Chi è quel Vulcaniano al tuo fianco Kirk?...
-          E’ Spok!... Anche lui ha poteri di sostituzione con me!... Come fai a conoscere i Vulcaniani?...
-          Abbiamo viaggiato più di voi e conosciamo da più tempo la Galassia!... Propongo di teletrasportarvi qui a bordo, non serviranno tute particolari, la nostra biochimica è uguale alla vostra, anche noi ci chiamiamo “uomini”, perché anche nella nostra lingua il nostro concetto di esistenza è legato al nostro pianeta!...
-          Che vuoi dire? Conosci molte cose su di noi!...
-          E’ da tempo che vi stiamo studiando, ma voglio rispondere alla tua domanda!... In latino “uomo” si dice “homo” e “terra” si dice “humus”… In ebraico, “uomo” si dice “adam”, “terra” si dice “adamah”. La Terra è il vostro pianeta… Credo di non dover aggiungere altro!...
-          Accettiamo di venire sulla vostra astronave!...
-          Salite sulle postazioni di teletrasporto, penseremo noi al resto!...

Pochi secondi dopo ci materializzammo nella loro astronave madre, dove fummo accolti da un ulteriore benvenuto, a seguito del quale Zantor chiese:

-          Terrestri, so il perché vi siete avventurati in questo viaggio verso il Sistema di Sadon…
-          Sapete leggere i nostri pensieri e se ci state studiando lo sapete già!… Il nostro mondo è sovraffollato e sta soffrendo una dura crisi ambientale… Siamo stati incaricati di trovare un altro pianeta abitabile!…
-          Non sappiamo leggere tutti i pensieri, ma solo quelli recenti e collegati ad un ragionamento in corso di fonazione. E’ una capacità che abbiamo sviluppato nei nostri cervelli grazie ad un lungo periodo di pace e di armonia col nostro pianeta… La cosa, oltre a farci apprendere immediatamente tutte le lingue umane, ci ha spinti tutti ad una forte introspezione… Per noi l’altro non è un nemico, ma un membro d’un’unica famiglia nella quale ci sentiamo tutti liberi, uguali e fratelli… La “Superterra” che abitiamo si chiama Soranne, come la sua capitale!…
-          Una capitale planetaria… Sulla Terra è ancora un sogno!...
-          E’ da tempo che vi teniamo d’occhio, avete avuto la sfortuna di nascere su un mondo più piccolo di Soranne, dove avete ben presto cominciato a competere per le risorse e siete entrati in conflitto tra voi… Vi sarete chiesti come mai siamo così simili!…
-          Si!...
-          La verità è che i nostri sistemi planetari sono stati originati da una stessa nube di gas che cinque miliardi di anni fa si separò in due nuclei indipendenti… Forze non locali li divisero, ma ebbero un’evoluzione comune… Come direste voi, siamo fatti della stessa polvere di stelle!…
-          Del resto il sistema di PX235479 o Sadon, come voi lo chiamate, ha fortissime analogie col nostro Sistema Solare, come anche Soranne è straordinariamente simile alla Terra, solo un po’ più grande e questo, come dici tu, è stata la vostra fortuna!…
-          Non fu sempre così Kirk, una civiltà intelligente si convince ben presto d’essere regnante, non parte d’un unico ambiente… Anche la nostra non ha fatto eccezione e su uno dei suoi dodici continenti, un po’ più piccolo degli altri, la pressione per competere divenne forte… Attribuirono un valore intrinseco alla moneta, che ben presto si frantumò generando stati sovrani e lotte fratricide!…
-          Come risolveste il tutto?
-          Stavamo perseguendo l’obiettivo d’una lingua comune su tutti i continenti, ma su quello sfortunato gli idiomi si stavano separando… Tutta colpa dell’interesse egoistico che montava, divideva e consumava risorse non riproducibili… Iniziammo a trattare, ma non bastava… Iniziammo ad aiutarli, ma i conflitti riemergevano e c’era sempre chi, cavalcando la protesta, nascondeva l’interesse di pochi dietro l’interesse comune… Non era facile governare continui focolai di lotta, tant’è che certe idee stavano penetrando altrove!…
-          Poi?!...
-          Uno di noi scoprì la Rete di comunicazione globale… Un qualcosa di simile alla vostra Internet, che fu ben presto seminata strutturalmente di quei sani principi che faticosamente volevamo portare avanti con parole e trattati… Soranne iniziò a cambiare in meglio perché la maggioranza dei suoi abitanti lo voleva!…
-          Come?!
-          E’ giusto che ci teletrasportiamo nel palazzo centrale su Soranne… Lo vedrete dal vivo!...

Pochi secondi dopo eravamo nel palazzo centrale, una sorta di Sede del Governo planetario e da lì, presa una monorotaia a levitazione magnetica ci avventurammo dentro Soranne…

Enormi e numerosi parchi verdi dove bambini giocavano felici e dove i genitori avevano facce distese e sorridenti. Per le strade, pochi veicoli propri… Non sembrava una metropoli affannata, ma l’unione di tante piccole unità quasi autosufficienti ed intercomunicanti con grandi schiere di aerogeneratori e pannelli fotovoltaici ben incastrati nell’ambiente… Palazzi e abitazioni in cristallo e lega leggera, i cui contorni sembravano seguire la luce che tra essi si diffondeva… Giardini pensili… Tutto emanava luce, serenità, armonia…

Ci trasferimmo su un veicolo volante e potemmo vedere grosse installazioni su isole artificiali nell’oceano simili a centrali che sfruttano le correnti marine… Erano imponenti, ma non sembravano affatto ferire il mare, anzi, vi si integravano benissimo!... Altre, più piccole ed immerse in immensi “polmoni verdi”, erano forse centrali a biomassa che emettevano piccoli sbuffi di vapore acqueo… Fossero state anche centrali a combustibile fossile, di sicuro prevedevano un trattamento/sequestro dei gas serra. Ero estasiato dal vedere un ambiente così sereno ed azzardai un’affermazione:

-          Vedo che avete risolto il problema dell’urbanizzazione e dell’energia!...
-          Non solo quello… Ma non è stato semplice… Fu un lungo percorso che partì dalla Rete di comunicazione globale!…
-          Come?!
-          La gran parte di noi era convinta che si poteva vivere in armonia con l’ambiente e nel loro pensiero tecnologico e costruttivo perseguivano questo principio, ma in maniera piuttosto individuale. Le risorse non mancavano e non c’era molta propensione ad unire gli sforzi, ma non c’era neanche conflitto… Tutto cambiò quando sul continente più piccolo diedero valore intrinseco al denaro e cominciarono guerre interne… Ben presto si comprese che bisognava fare qualcosa di più strutturale: i livelli di gas serra stavano aumentando, anche se in quantità molto più blanda di quanto è avvenuto sul vostro pianeta… Se quelle idee consumistiche avessero preso il sopravvento si sarebbe arrivati ad una distruzione globale, per questo tentammo di dissuadere quel comportamento e le menti più illuminate si diedero da fare… Una di queste illuminazioni fu la Rete di comunicazione globale!…
-          Non mi hai ancora spiegato cos’ha fatto la Rete!...
-          Ci arrivo adesso!... Annullò le distanze e rese inutile la documentazione scritta… Sapete bene che la velocità d’un segnale luminoso è di gran lunga più alta rispetto a quella d’un qualsiasi spostamento fisico… In tal modo, l’informazione diventava fruibile da tutti quasi in modo non locale… E’ questo il presupposto per passare da singoli individui a sistema… La Rete poteva creare un corpo che prendeva personalità sua, prescindendo dalle singole componenti… Questo corpo, però, doveva essere dotato d’un cuore e d’un cervello e questi dovevano essere votati al Bene Comune per non essere distruttivi… Presto si capì che il Bene dell’individuo e la sua libertà erano una diretta conseguenza del Bene Comune, mancando il secondo, il primo non poteva esistere!… Capimmo anche per amministrare con giustizia una comunità il cui fine è il Bene Comune, per quanto grande fosse, erano importanti le azioni decisionali, non i documenti intermedi… Molte azioni potevano essere delegate a macchine comandate che ben presto ci avrebbero liberato dalla schiavitù della computazione…
-          Ma questo lo hanno già fatto i calcolatori!...
-          No!... Computazione non è solo calcolo!... Ogni azione ripetibile nello stesso modo è computazione ed in linea di principio può essere svolta da una macchina… Una catena di azioni ripetibili è comunque una computazione che può essere svolta da più macchine che collaborano, liberando l’uomo dalla ripetitività e dalla frenesia… L’animo dell’uomo non è computazione, perché le sue azioni si rivolgono, nel profondo, alla piena consapevolezza del suo mondo e di tutto ciò che gli sta attorno… Questo non è ripetibile, ma cresce continuamente ed anela al Bene Comune!... Non sappiamo se i cicli dell’Universo (e quindi della Natura) sono computazione e proprio per questo abbiamo scelto di viverci in armonia, rispettandoli, studiandoli e cercando di prevedere azioni potenzialmente distruttive…
-          Come vedete il lavoro?...
-          Il lavoro è un’azione che trasforma o costruisce e, in ambo i casi, lo deve fare senza ledere Soranne… Se trasforma solo informazione è inutile recarsi in un luogo specifico per un tempo fissato, lo si può fare dalla propria abitazione, vivendo la propria vita familiare e di relazione. Se trasforma materie prime questo non è vero, ma l’automazione ha molto ridotto la necessità di presenza materiale, in più siamo interessati al fatto che il processo non deve ledere il nostro pianeta… La nostra attività, dunque, è più di controllo che non d’impiego di forza fisica… Se, infine, costruisce opere queste devono essere in perfetta armonia con Soranne e nascono da una forte condivisione della loro necessità, dopo aver constatato di non arrecare danni al pianeta…
-          Ecco la potenza della Rete… Un potente veicolo che vi ha reso un unico organismo… I vostri nervi, i vostri arti… Il vostro sentire d’essere corpo vivente planetario… Ora mi spiego il vostro sapere, la vostra bontà, la vostra serenità: la Rete l’avete usata per liberarvi dalla schiavitù di sentirvi re conquistatori…
-          Bravo Kirk!... E’ una figura retorica un po’ strana, quella che voi definireste “ossimoro”, l’accostamento di due contrasti: “schiavitù d’essere re”… Ma, in fondo in fondo, è la verità che ci ha fatto capire che il denaro non ha alcun valore intrinseco… E’ solo merce per comprare altra merce che non fa altro che chiudere il circuito produttivo e completare la Rete di comunicazione globale facendo passare di mano il risultato delle azioni di tutti… Nulla di più e nulla di meno… C’è una sola moneta su Soranne e, francamente, quasi non ricordo più come l’abbiamo chiamata… E’ detta ovunque “unità di scambio” e basta…
-          C’è posto per il genere umano su Soranne?
-          Si!, a parità di superficie ci sono quasi sei continenti liberi, ma non credo vi servirà… Rimarremo mondi amici figli delle stesse stelle, ma sulla vostra vecchia Terra avete cominciato a ragionare come molti anni prima di voi abbiamo già fatto noi… Ci impiegherete un po’ di più, ma il coraggio non vi manca… Porta sul tuo pianeta i semi di ciò che hai visto e capito, è questo il più grande regalo che posso farti!...
-          Sa già di saluto!...
-          Quasi!... Faremo scendere la tua astronave allo spazioporto di Soranne e faremo festa per l’incontro di due civiltà galattiche, poi ognuno sul proprio pianeta continuerà o comincerà a costruire sul serio!…
-          Ma ci vorrà molto tempo per poter accendere il motore a curvatura sulla via del ritorno!...
-          Teletrasporteremo l’intera astronave!…

L’Enterprise si materializzò su Soranne, poi venne il momento di partire e ci teletrasportarono nella stessa posizione dove avvenne il primo incontro tra me e Zantor. Abbiamo imparato tanto… La tecnologia sostenibile esiste, se l’uomo col suo sapere e le sue azioni ci crede… La Rete è solo il primo, ineludibile, passo al quale ne devono seguire tanti altri nella stessa direzione!...

-          Accendi il motore a curvatura Spok!... Si torna sulla Terra per costruire un mondo migliore!

Fantascienza, vero? Eppure questo cammino sta già cominciando dalla crisi del mondo consumistico, dalla crisi dell’Euro che ha spinto tanti paesi ad unirsi per essere più forti, da un vertice di Durban che sta faticosamente portando avanti il nuovo modello della c.d. “economia verde” (forse un nuovo modello di sviluppo si profila all’orizzonte?) e da una Rete che, pian piano sta coprendo il pianeta e, se come Pubblica Amministrazione ci sappiamo fare, potrà essere veramente l’alba d’una rinascita globale… Un secondo Rinascimento, stavolta, però, quasi planetario perché anche altri cominceranno, prima o poi, a seguire le stesse orme…

Forse è utopia… La storia ce ne darà atto, ma già si notano i semi buoni e, purtroppo, quelli cattivi (un Regno Unito che decide di non aderire al trattato europeo, una Russia che ancora pensa di spendersi le ricchezze del sottosuolo, una Cina economicamente intransigente ed aggressiva, un Occidente che si sta leccando ancora le ferite d’un modello di crescita sbagliato).

Guardiamo il bicchiere mezzo pieno ed auguriamoci che le prossime azioni vadano nel verso giusto, anzi, facciamo in modo che ci vadano!…

Mi perdonerete i nomi strani che ho tratto dalla letteratura della Fantascienza, ma volevo mostrarvi, nell’accostare le due civiltà, due percorsi possibili: uno fortemente centrato sull’individuo e sullo sfruttamento dissennato delle risorse, che inesorabilmente porta verso una strada distruttiva (anche se, all’apparenza, può soddisfare nel breve-medio periodo sogni di ricchezza e potere), paragonato ad un altro che ha deciso globalmente di vivere in armonia col suo ambiente coltivando interessi costruttivi. In tutti e due, una Rete di comunicazione che se ben utilizzata e promossa può condurre naturalmente verso il progresso.

Capisco il forte contrasto che trasuda dal racconto e l’esasperazione (a volte utopica) di molti concetti, ma la verità è che molti studi (veri e reali) suffragano la concreta possibilità che “sulla Terra ci sia ancora posto” se non si persegue ad oltranza nello sfruttamento dissennato delle risorse sotto il vessillo del consumismo (che alla lunga non persegue il Benessere di tutti, perché vince chi, per sua fortuna, “consuma di più” affamando, per sua sfortuna, chi “consuma di meno”). Tali voci, però, sono soffocate da interessi e potere… Non è facile far breccia a parole, ma con le azioni si…

A tal punto è giusto chiedersi il ruolo della Politica e della Pubblica Amministrazione in un panorama che sta già mostrando segni di caduta strutturale: nella Politica, presa come accezione nobile, si giunge alla sintesi dei desideri d’una collettività, mentre la Pubblica Amministrazione ha il dovere di dar corpo a quei desideri in piena libertà d’azione, perché questo è il suo ruolo istituzionale… Potenziando, attraverso la Rete i meccanismi d’azione, costruzione e condivisione di soluzioni essa non solo getta le basi d’una società più giusta, ma può correggere gli errori della Politica attraverso un leale gioco alla pari tutto da costruire e da porre come esempio ovunque ve ne sia necessità.

I meccanismi d’azione, costruzione e condivisione di soluzioni, ora più che mai, non sono appannaggio delle macchine, ma degli uomini!... Di quella risorsa umana che aspetta d’essere pienamente incentivata per estrinsecare, con responsabilità diffusa, il suo valore… La Pubblica Amministrazione, attraverso la Rete può cablare una comunità al servizio del Paese ed il valore globale di questa comunità è proprio il ROI dell’investimento sulla telematizzazione… Fallire questo obiettivo con i soliti bizantinismi sarebbe l’errore più grave per il managment dell’azienda Italia!

Probabilmente ci risentiremo ancora… Per valutare qualche effetto concreto della “telematizzazione diffusa” e per dare contributi di idee. Ora come ora non posso dirvi altro che “passeggiare serenamente per le vie di Soranne” e mettere in pratica quei concetti che sanno più di scienza attuale che non di fantascienza… Nei prossimi post, difatti, servirà scienza, non fantascienza.

mercoledì 19 ottobre 2011

Privato è bello? Forse, se il Pubblico sa controllare...

Cominciamo ad entrare nel vivo: quel rapporto tra Pubblico e Privato che viene chiamato con una parola un po’ altisonante “terziarizzazione”, cioè cedere a terzi attività che, per diseconomie interne è più comodo cedere in blocco ad un terzo pagando un contratto di fornitura. Non sempre è da demonizzare, ma parallelamente, non sempre è da osannare o additare ad efficientamento in quanto “Il Privato ce la sa meglio del Pubblico”. L’attenzione del Pubblico, quindi, dev’essere molto alta: a volte i particolari si nascondono in dettagli profondi e terziarizzazioni sbandierate come “supremi rimedi” si rivelano peggiori del “male da estirpare” poiché sacrificano sull’altare del profitto variabili spiccatamente pubbliche la cui gestione è strategica per lo sviluppo armonico d’una collettività.

Una piccola storia di fantascienza per fissare il concetto, ispirata liberamente dall’Enterprise di Star Trek e al pianeta Venere (in figura), il titolo è: “Abbiamo lasciato il pianeta Terra”.


Abbiamo lasciato il pianeta Terra

Il viaggio dell'astronave inizia... Siamo da poco sfuggiti al campo gravitazionale terrestre e già cominciano i “se” e i “ma”... Una sbirciata nelle nostre vicinanze oltre la Luna... Venere, coperta dalla sua coltre perenne di nubi.

Un informatico dell'equipaggio, addetto al sistema centrale dell' Enterprise, gran manipolatore di bit e codice, pochissimo ferrato in Astronomia e Astrofisica, ma molto influenzato dalle notizie di basso livello divulgate sul Web (ed alquanto saccente) afferma: “Capitano, ho letto che Venere è una specie di Eden coperto di foreste pluviali ed abitato da tante belle venusiane senza veli... Perché non ci facciamo una capatina?”.

Mi giro e lo guardo tra l'ironico ed il compassionevole dicendogli: “Su quale sito pseudo-scientifico hai letto una simile falsità?”, “Su tanti: Venere è descritto come un bellissimo pianeta abitabile ed è a due passi dalla Terra... Dopo che hanno determinato che i cambiamenti climatici in atto sono irreversibili e ci hanno mandato a cercare un nuovo posto dove ospitare la razza umana non hanno tenuto conto che la soluzione era qua vicino!...”, “Ne sei proprio certo?...”, “Molti siti divulgativi dicono così, non vedo il motivo per dubitarne!...”, disse con uno sguardo di sfida.

“Che tracotanza!...”, pensai, e capii che aveva bisogno di una bella lezione... Non sono mai stato cattivo e nemmeno in questa occasione... Sapevo già come sarebbe andata a finire, pertanto rischiai: “Spok, attiva il Compensatore di Heisemberg e teletrasporta il nostro informatico su Venere, così capirà la differenza che intercorre tra ciò che è e ciò che si dice!...”, “No Capitano...”, disse Spok col suo sguardo gelido, “Non me la sento di farlo morire tra atroci tormenti in pochi secondi che, come sofferenza, durano più di una vita intera!...”.

A tali parole terribili il povero informatico rimase basito: “Perché, cosa ha Venere di così brutto?...”. La risposta la diede Spok: “Venere non è il gemello della Terra che i siti che consulti dicono, anche se le dimensioni e le apparenze potrebbero farlo pensare: le nubi che vedi non sono di vapore acqueo, ma di acido solforico. La maggior parte dell'atmosfera non è formata da ossigeno e azoto, ma da anidride carbonica ed è circa cento volte più densa di quella terrestre, per giunta, al suolo la temperatura è quasi di 500 °C. Non è l'acqua ad essere liquida, ma il piombo... Per giunta, tanto per completare il tutto, ruota in senso opposto alla Terra e lo fa tanto lentamente che il suo giorno dura più del suo anno!... Altro che gemello, è tanto simile alla Terra quanto il Dr. Jekill è simile a Mr. Hyde!... Altro che Eden, stando ai miti terrestri, penso sia paragonabile all'Inferno!...”.

Mi girai verso l'informatico, che a quelle parole divenne bianco di paura: “Vuoi ancora essere teletrasportato su Venere?...”, “No!... No!... Non sapevo!.... Non ho approfondito!... Non...”, “Basta adesso... La prossima volta usala la scienza, non impararla in maniera nozionistica dai posti sbagliati... Stai attento alle fonti, usalo il senso critico!...”.


Ora basta fantascienza, mi serviva soltanto per far capire che ciò che sembra ad una occhiata superficiale quasi mai è, anzi, ad una indagine più profonda può nascondere ingannevoli negatività, per questo ho usato la suddetta storia che crea un parallelismo molto forte con questo concetto.

Il tutto per illuminare la mente di chi legge e far capire che “Il diavolo si nasconde nei dettagli” (e aggiungerei “piccoli”) per questo occorre essere vigili e perseveranti. Quante attività del pubblico si è deciso di privatizzarle attraverso un contratto di fornitura? Tante e spesse volte è anche giusto: ha un senso mantenere una componente aziendale il cui compito è solo quello di stampare, imbustare e spedire? Forse no. Ha un senso mantenere una componente aziendale il cui compito è solo quello di creare interrelazioni fisiche tra archivi gestionali automatizzati di struttura nota a-priori? Forse no.

A questo punto, però è giusto chiedersi: ha un senso, nel Pubblico, demandare ad un terzo privato le strategie di sviluppo di un Sistema Informativo quando queste sono diretta emanazione di specifiche esigenze della collettività sulla quale si è chiamati, per Legge, a vigilare? La risposta è ancora no, ma è un “no” profondamente diverso dal primo, giacché muove da principi diametralmente opposti: le esigenze della collettività amministrata sono le variabili di base sulle quali si fondano le “Public Policies” (le scelte pubbliche che, normalmente, in una moderna democrazia si incarnano in leggi) e queste ultime, prese come input dalle Tecnostrutture diventano servizi, diritti, doveri e, in generale, applicazioni di regole volte a far crescere la collettività o, comunque, a fronteggiare strutturalmente una crisi interna od importata.

Nel Pubblico, i compiti primari d’un Sistema Informativo (ormai quasi totalmente coincidente col Sistema Informatico) sono sostanzialmente due:

  • Trasformare le “Public Policies” in funzioni utilizzabili dall’ente e/o dai cittadini.
  • Metabolizzarle, assieme alle altre componenti aziendali, nel tessuto organizzativo, produttivo e sociale.

Detto così, però, il concetto appare riduttivo: la molla principale che guida il tutto è la strategia di riorganizzazione del sistema (che può anche comportare la dismissione di componenti obsolete o non più funzionali) alla luce d’un efficientamento complessivo che abbia come riscontro, a consuntivo, un reale (e quantificabile) vantaggio in termini di competitività del sistema (maggior velocità, maggior precisione, minori consumi, minori costi, minori disagi). Dubito che un terzo privato, guidato comunque dalla logica di conseguire un utile per sé, possa incarnare i suddetti valori più della Tecnostruttura stessa (presa nella sua interezza). Nel caso dei Sistemi Informativi, la sua strategia tenderà a minimizzare i propri costi ed a massimizzare i propri profitti, ne conseguiranno analisi funzionali sommarie e realizzazioni altrettanto sommarie per poi scoprire alla fine che “occorre rimetterci le mani” perché si era trascurato qualcosa di molto importante, ma questo lo si sa a-posteriori e, spesso, per bocca di chi (non-)fruisce dei nuovi servizi (utenti cittadini) e di chi (non-)lavora efficacemente al loro confezionamento (membri dell’organizzazione). Ne sortiscono “panne del sistema”, la cui gravità aumenta proporzionalmente con la complessità, e nuovi costi, giacché una buona parte dell’organizzazione, ahimé, dovrà adoperarsi per mettere a posto quanto consegnato “chiavi in mano”.

Si può eccepire che ci sono le penali contrattuali: vero, che le specifiche sono state date in modo poco chiaro: pure vero, che i test non sono stati eseguiti in maniera profonda: altrettanto affermativo. Ma tutto ciò, in fondo in fondo, significa una cosa sola: l’organizzazione non ha partecipato attivamente all’implementazione della strategia né ha vigilato adeguatamente man mano che si passava dal disegno al prodotto finito, in altri termini, il terzo privato è stato lasciato libero di agire su una conoscenza parziale (che, spesso e volentieri, ben si guarda dall’approfondirla, giacché per lui significa impegnare più risorse, quindi, maggiori costi propri).

Che le “Divisioni Sistemi Informativi” degli enti pubblici, in un panorama tecnologico dominato dal Web (anche “Mobile Web”) e dagli “Open Systems”, dovessero dimagrire è un fatto scontato: l’approccio è completamente mutato, i servizi (e le informazioni) sono accessibili in Rete (nel paradigma Intranet/Extranet/Internet), inoltre il software si stratifica con estrema facilità creando impalcature solide che danno risposta ad una grande pluralità di problematiche gestionali ed operative. Le suddette impalcature, però, per divenire realmente solide vanno costantemente monitorate sino al loro consolidamento secondo un approccio che, tutto sommato, è estremamente semplice e procede in maniera incrementale. L’Ict, d’altronde, è una disciplina fortemente costruttiva e quanto si realizza, in teoria, non va mai perduto, anzi, spesso può essere riutilizzato per realizzare strutture ancor più potenti.

Per fissare le idee, si consideri il Sistema Informatico (= Sistema Informativo) ad oggi (tempo = t). Esso, ovviamente, conterrà archivi e funzioni atti a svolgere l’attività istituzionale. Si prendano in considerazione, adesso:

  • i vincoli dettati dalle nuove “Public Policies”.
  • I vincoli dettati dalle esigenze interne di ottimizzazione.
  • I vincoli dettati dalle esigenze del contesto socio-economico.
  • Le innovazioni tecnologiche disponibili nell’ente o reperibili ad un certo costo preventivamente stimabile.
  • Lo skill disponibile all’interno dell’ente.

Il mix dei cinque punti suddetti costituisce l’input della strategia evolutiva del Sistema Informatico e da questa sortisce il piano di investimento (generalmente pluriennale) fatto di tempi, obiettivi, costi, risparmi/ricavi e verifiche (le c.d. “Milestones”) che porterà il Sistema Informatico dalla situazione al tempo t a quella al tempo t+k, una volta completato il piano di investimento (ipotizzandolo distribuito su k “Milestones”).

Nella suddetta evoluzione, alcuni archivi e funzioni al tempo t potranno risultare obsoleti, ma la linea di tendenza più saggia è quella di riusarli pervenendo ad una “vision” più integrata che, in teoria, dovrebbe:

  • ridurre i costi.
  • Ridurre i tempi di erogazione.
  • Ridurre il tasso d’errore.
  • Ridurre l’impegno in termini di risorse umane.

Il processo è iterativo e già dalle prime realizzazioni (prima “Milestone”) il Sistema Informatico al tempo t si ritrova “avvolto” da un nuovo “strato” di archivi e funzioni che implementa meglio il suo “Core Business” (o almeno così dovrebbe essere), ma già qui cominciano a sorgere i primi problemi manageriali:

  • innanzitutto, non è detto che i vincoli derivanti dalle “Public Policies” possano essere ben contemperati con tutti gli altri e sortire un risultato economico positivo, ma questo significa che la Tecnostruttura dovrebbe agire “a monte” e da protagonista sul processo decisionale che genera le “Public Policies”, non limitarsi ad accettare passivamente quanto il livello Politico decide;
  • in secondo luogo, non è detto che all’interno ci sia lo skill disponibile per mandare avanti l’innovazione pianificata e ci si dovrà, dunque, rivolgere al mercato da un lato per reperire prodotti “chiavi in mano” e dall’altro per reperire risorse di sviluppo software;
  • in terzo luogo, man mano che si avanza nel processo iterativo su descritto e nuovi “strati” prendono corpo si rischia di perdere il contatto con quelli profondi e, peggio ancora, con gli skill che li gestivano e presidiavano.

I rischi sono grossi ed evidenti:

  • la mancanza d’una dialettica alla pari fra Tecnostruttura e Politica rischia di ingenerare costi difficilmente recuperabili derivanti da errori di valutazione. Solo la Tecnostruttura (non la Politica) può dare adeguati riscontri, perché è ella stessa la vera detentrice della conoscenza in materia.
  • Se ci di deve rivolgere al mercato per approvvigionarsi di prodotti o risorse di sviluppo occorre preventivamente valutarne i benefici e, soprattutto, tenere ben saldo il controllo sul proprio “Core Business”, altrimenti si rischia di dover “pagare per avere conoscenza e assistenza” e questo rasenta i limiti dell’assurdo: sarebbe come il padre ricco, ma dissoluto, che fa gestire il suo bilancio familiare da una società esterna. Probabilmente avrà meno pensieri, ma dubito possa ricavarne un’utilità duratura, anzi, correrebbe alla lunga il rischio di non poter più disporre del proprio denaro: certe cose sono indelegabili quasi per principio.
  • Se si perde il contatto con gli strati bassi del proprio “Middleware” si corre il rischio di non riuscire a gestire trasformazioni profonde, con conseguenti panne e costi.

I rischi sono chiari, come anche i problemi che li possono generare, ma come s’è detto prima “il diavolo si nasconde nei piccoli dettagli” e non sempre ciò che appare “ottimo” in realtà lo è. Un proverbio dice che “l’ottimo è nemico del buono”, questo per indurre a non voler “spaccare il capello in quattro”, ma di certo occorre, in primis, saper distinguere ciò che è “buono” da ciò che non lo è, ecco perché la soglia di attenzione dev’essere tenuta alta.

Che fare? Esiste soluzione? Ebbene, si, ma passa attraverso il coinvolgimento dell’intera filiera organizzativa e produttiva. Come detto in un precedente post, la “Business Intelligence” non è un tool informatico (semmai quello è uno strumento che serve ad ampliarla), la “Business Intelligence” vera sono gli uomini: il processo di “Decision Making” non passa solo attraverso i cervelli del Top Management, ma a questi arriva da un processo di consolidamento che parte dal basso. Tale processo dev’essere incentivato e ovviamente governato, ma non certo “zittito” per partito preso. Inoltre, perdere skill in punti nevralgici è comunque dannoso, ma spetta all’attenzione dei dirigenti far si che ciò non accada e questi, a loro volta, devono avere l’umiltà di valorizzare, a tutti i livelli, i propri subordinati (tenendo adeguatamente conto delle loro idee, delle loro azioni e delle loro proposte costruttive). Cos’è, la “logica del coach”? Il “senso d’appartenenza”? la “managerialità”? No… Nulla di tutto questo, solo il semplice senso di responsabilità volto a trarre il massimo dagli strumenti a disposizione per esaltare l’azione e la propositività (a beneficio del “Decision Making”, dunque) delle risorse umane che ricadono sotto la sua gestione.

Quali sono gli strumenti? Il Web, ormai, è ubiquamente diffuso ed il limite è rappresentato non dai mezzi, ma dalle idee in campo. C’è da dire, inoltre, che quasi tutti gli enti della Pubblica Amministrazione (e specialmente quelli di grandi dimensioni) hanno Sistemi Informatici ricolmi di strumenti per gestire le problematiche interne e per svolgere la loro missione istituzionale. La prossima frontiera non è tanto il “guardare dentro” la propria organizzazione in maniera autoreferenziale, ma il “guardare fuori”, adottando un approccio B2C (“Business-to-Consumer”), fatto di funzioni del tipo “richiesta-risposta”, nel rapporto con l’utente (singolo o collettivo che sia) ed un approccio B2B (“Business-to-Business”), fatto di collegamenti tra archivi e PEC, con gli altri enti e le organizzazioni di pubblico interesse (travalicando, qualora occorra, anche i confini nazionali).

E’ uno scenario completamente diverso, anzi, lo si potrebbe veramente definire “un altro pianeta” ed è tutto da costruire con accordi, perseveranza e convinzione. Le norme, del resto, mirano proprio in tal senso e, a dire il vero, se si ha il buon senso di passare “dalla teoria alla pratica” ne sortirebbero economie di scala notevoli che consentirebbero concretamente di superare l’attuale fase di stallo in vista d’un nuovo modello di sviluppo più equo e sostenibile.

La differenza, come al solito, la fanno gli “uomini dell’equipaggio”: non basta siglare accordi quadro o convenzioni, se sono ritenuti validi vanno attuati, se non vanno bene si modificano ma non possono più “rimanere carta” in un contesto dove servono le energie di tutti (e non di alcuni a scapito di altri)…

“Rotta su Giove, Spok!... E’ arrivato il momento di farci dare una spinta gravitazionale per uscire dal Sistema Solare: la ricerca comincia!...”

mercoledì 12 ottobre 2011

La Pubblica Amministrazione che decide in un mondo che cambia

Eccomi di nuovo, per affrontare un altro tema caldo solo sfiorato nel primo post, ma che a mio avviso segna il passaggio da un vecchio modo di fare Pubblica Amministrazione ad uno totalmente nuovo (almeno qui in Italia): il Dirigente pubblico che decide (e rischia) in maniera imprenditoriale, seppur guidato dalle leggi dello Stato e dal principio pubblicistico d’agire per la crescita socio-economica della collettività amministrata.

Avevo anche fugacemente accennato al fatto che le “idee imprenditoriali” non emanano solo da una singola mente illuminata (quella del Dirigente), ma da tutte le intelligenze presenti nell’ente o nell’azienda. Sul tema sono stati scritti fiumi di carta, libri, pagine Web, ma, ahimè, passare dal pensiero all’azione è difficile e questa difficoltà è direttamente proporzionale alla grandezza dell’ente/azienda. Si potrebbe presupporre, allora che enti (o aziende) di piccole dimensioni siano più propense al decisionismo e questo in un certo senso è vero, ma si scontra con le interferenze del potere politico e con le pressioni del contesto sociale nel quale agiscono (contesto, in fondo in fondo, riconducibile a politiche pubbliche mal implementate, quindi, un’altra volta al potere politico che non ha saputo cogliere i “semi che potevano dar frutto” e, peggio ancora, non li ha adeguatamente coltivati per estrarne risultato).

Alcune cause sembrano “strutturali” e difficilmente superabili: assenza di infrastrutture, scarsa industrializzazione, convinzione che si può continuare a vivere d’assistenzialismo, convinzione (diretta o indotta da altri) che cambiare può rappresentare un salto nel buio, cieca amministrazione della propria “poltrona” senza preoccuparsi che i privilegi per sé spesso costituiscano il disagio di altri e tante altre situazioni che, piaccia o non piaccia, sono riconducibili ad un settore pubblico che della decisione non ha sinora fatto il suo reale cavallo di battaglia.

Sorge subito una domanda: perché il Privato ci riesce? La risposta è quasi scontata: perché mosso dall’utile e dalla necessità d’essere competitivo in un mondo che cambia, spinto (grazie al fenomeno Internet) da una globalizzazione sempre più reale. A tutt’oggi, però, parlare di “utile” nel Pubblico è quasi una bestemmia: quasi nessuno ha preso in seria considerazione che “utile” può anche essere introdurre meccanismi più efficienti ed efficaci finalizzati a ridurre il rischio di frodi, ad abbattere i tempi di definizione e, conseguentemente, ad iniettare competitività nel sistema.

Le idee ci sono e le infrastrutture anche: spesso non servono autostrade, ma una efficiente rete telematica e questa è ormai una realtà in quasi tutto il contesto nazionale (atteso il basso costo della tecnologia). Cosa manca allora? La perseveranza, la progettualità e la cultura del risultato anche (anzi, soprattutto) nel Pubblico, variabili ancora poco presenti e, quando qualcuno le porta avanti, soffocate dalla burocrazia conservativa che mal s’adatta alla situazione attuale.

Un aneddoto può chiarire la situazione con un’immagine tra il serio ed il faceto, simile ad una barzelletta ma contenente in essa l’attuale immobilismo di molti comparti della Pubblica Amministrazione. Diamogli un titolo… “Il Dirigente e il Contadino”.

Il Dirigente e il Contadino

Un giorno, non molto tempo fa, un “pezzo grosso” di un Ministero va in pensione… “Finalmente!...”, disse tra sé, “Ora potrò perseguire la mia passione: coltivare la terra!...”.

Comprò così un grande appezzamento di terra (del resto ce n’era in abbondanza e a basso prezzo, visto che nella società ben pochi erano disposti a “spaccarsi la schiena” quando, tra una assistenza e l’altra, sembrava ci fosse benessere per tutti) e decise d’impiantare un bel frutteto.

“Un momento!...”, pensò, “Ma io non capisco nulla di come si coltiva un frutteto!...”. Decise, così di chiedere aiuto ad un Contadino del luogo e questo si prestò ad insegnargli il mestiere. Lo avvisò, però: “Attento, il lavoro nei campi è duro e non ci sono orari o cartellini!… Devi essere disposto a seguire pedissequamente quello che ti dico se vuoi imparare!… Si vede bene che a un certo tipo di vita non sei mai stato abituato!...”.

Il Dirigente, però, era animato da una grande buona volontà e con umiltà acconsentì. “Cominceremo da domani all’albeggiare!...”, gli disse il Contadino e lui, all’alba del giorno dopo, si presentò. “Eccomi!...”, disse rivolgendosi al Contadino, “Che devo fare?...”. Il Contadino gli disse: “Vedi quel mucchio di concime organico con vicino la carriola e la pala?...”, “Si!...”, “Devi spargerlo uniformemente su tutto il campo arato, a mezzogiorno tornerò a vedere cos’hai fatto!...”.

Il mucchio di concime era enorme ed il campo arato anche, ma il Dirigente non si scoraggiò e prima di mezzogiorno, stanco e sudato, aveva finito. Il Contadino arrivò e si compiacque: “Bene!...”, disse, diciamo che il primo compito l’hai superato a pieni voti, ma non cullarti!… Non è ancora finita!... Vedi quei sacchi d’orzo? Devi seminarlo nel campo concimato, stasera tornerò a vedere cos’hai fatto!...”.

Anche stavolta il Dirigente si comportò in maniera egregia ed il Contadino gli disse “Perfetto!... Stai cominciando ad imparare!... Ora torna a casa e riposati, domani all’alba ti darò un nuovo compito!...”. Ormai sfinito, ma contento, il Dirigente tornò a casa, riposò ed all’albeggiare del giorno dopo, puntuale, si presentò: “Cosa devo fare?...”, “Vedi quelle mele in fondo al magazzino?...”, “Si!...”, “Devi separare le grandi dalle piccole, a mezzogiorno tornerò a vedere cos’hai fatto!...”.

Venne mezzogiorno ed il Contadino tornò, ma stavolta trovò il mucchio di mele intatto ed il Dirigente davanti al mucchio con una mela nella destra ed una nella sinistra che continuava a guardarle alternativamente. “Che t’è successo?!... Perché non hai fatto nulla?!...”, disse il Contadino allibito, “Hai ragione!...”, disse il Dirigente, “Ma adesso c’era da decidere!...”.

Sentii questa storiella come dissacrazione del poco decisionismo presente nella Tecnostruttura pubblica, non so come finisce, ognuno metta la conclusione che vuole, ma la situazione reale, in molti casi non è diversa: esempi di grandi Dirigenti pubblici che per decidere “aspettano l’imbeccata o la benedizione di qualcuno più in alto” ce ne sono stati (e ce ne sono) tanti, forse troppi… Purtroppo è un fatto terribilmente normale che fa si che, a tutt’oggi, non sia la Tecnostruttura a guidare l’azione della Politica, ma l’esatto contrario. Se questo, poi, lo si miscela con un modello di sviluppo che mostra evidenti scricchiolii ne sortisce un autentico “cocktail bomba”: attesa l’incapacità del binomio Tecnostruttura-Politica di creare una sana dialettica costruttiva, ad esso si sostituisce il potere economico e la conseguente crisi viene pagata, spesse volte, dalle fasce più deboli. Solo quegli stati che hanno saputo mantenere viva la suddetta dialettica hanno la forza di fronteggiare il momento critico, ragione di più per affermare che serve un cambio culturale profondo: se la Tecnostruttura non è capace di dare riscontro misurabile d’una “Public Policy” derivante da una decisione politica ci sono ben poche speranze che la Politica trovi soluzioni: chi gli può fornire metriche se colei che materialmente detiene i capitoli di spesa (la Tecnostruttura) si limita a dirgli materialmente “SI” senza avanzare piani di “investimento pubblico” e quindi senza “decidere”?

Non bisogna farsi ingannare, né dire che “non c’è nulla che funziona”: a volte i suddetti piani di investimento ci sono, ma sono realmente perseguiti? Ho seri dubbi, giacché un piano d’investimento fatto da una organizzazione passa necessariamente dalla condivisione del medesimo al suo interno e la condivisione non è una mera trattativa sindacale volta meramente a “distribuire” le risorse che ne potrebbero derivare, ma una raccolta di idee che promanano dai singoli componenti dell’organizzazione e la loro sintesi e valorizzazione alla luce della strategia da perseguire. I Sistemi Informativi, ormai praticamente coincidenti coi Sistemi Informatici, servono soprattutto a questo in questo periodo di pesanti tagli e ristrutturazioni e alla Tecnostruttura il compito di trarre il massimo dalle opportunità che danno. La telematizzazione dei servizi, la condivisione di informazioni ai sensi delle vigenti leggi (in Italia, il Codice dell’amministrazione digitale di cui al D. Lgs. 82/2005 e successivi), l’uso diffuso della Posta Elettronica Certificata, i processi produttivi modellati e semplificati nell’architettura Intranet/Extranet/Internet sono opportunità enormi per superare l’attuale fase di stallo, ma occorre perseverare e questo lo si può fare solo chiamando a raccolta tutte le intelligenze a disposizione. E’ questa la vera “Business Intelligence”, quella che necessariamente passa attraverso la reale valorizzazione della risorsa umana ed un sano principio di meritocrazia che, specialmente qui in Italia, stenta a decollare.

Alcuni direbbero che chiamare a raccolta tutte le intelligenze in azienda è utopia: non è vero!... Il Privato c’è riuscito benissimo ed il Pubblico deve seguirne le orme. Il vero problema è che tra Pubblico e Privato cambia l’oggetto di business: il Privato massimizza i profitti, il Pubblico massimizza l’utile socio-economico affinché diventi crescita e competitività e questo non è ancora ben percepito, né tantomeno attuato. Si potrebbe dire che il Privato seleziona liberamente le sue risorse ed il Pubblico non può farlo, questo è vero e le recenti leggi hanno comunque dato impulso ad una miglior selezione, ma, a mio avviso l’hanno fatto nel modo sbagliato in un contesto altrettanto sbagliato: il focus (anche come prassi generalmente attuata) è concentrato sugli “obblighi del dipendente” senza abbinargli (almeno nei fatti e nelle politiche interne) la “cultura del risultato”. Ci sono senz’altro “obblighi”, ma, parallelamente, va creato un percorso di crescita accessibile a ciascun dipendente e solo dalla contemperazione delle due variabili attuare il processo selettivo, non solo di reclutamento, ma anche di gestione della risorsa umana.

In parole più semplici, non basta dire al dipendente che deve essere presente un certo numero di ore, ma bisogna anche dargli la possibilità d’esprimere le sue idee progettuali nel confezionamento del risultato che può dare e far si che questo possa spenderselo in una progressione di carriera alla luce d’una managerialità diffusa di tutta la filiera organizzativa. Le Intranet sono un ottimo collante e viatico per perseguire il suddetto principio, ma vanno sfruttate a pieno, altrimenti sono solo gigantesche calcolatrici che “a domanda rispondono” senza dare valore aggiunto.

Sarà un percorso lungo che affonda le sue radici nella storia e nella gioventù della Repubblica Italiana. Dopo la seconda guerra mondiale c’era un altissimo tasso di sottocultura ed analfabetismo, era ovvio che negli enti le circolari fungessero da “Tavole della Legge”. Ora il tasso di scolarizzazione è alto e quello culturale anche, ci si può permettere, dunque, d’osservare le normative interne con un occhio più critico e, pur nel loro rispetto, perseguire il risultato dove vogliono giungere esplicitandolo, semmai, assieme ai livelli più alti attraverso una catena decisionale che, con la tecnologia disponibile, potrebbe reagire in brevissimo tempo creando, nel tempo una cultura aziendale diffusa, accessibile e dinamica. Questo non è utopia, è realtà se solo si ha la volontà di perseverare valorizzando in azienda il vero capitale: quello umano. L’Ict, adesso, dà concretamente la possibilità di liberare il pubblico dipendente da compiti ripetitivi esaltando quella che è la sua vera essenza: la possibilità di contribuire al miglioramento delle performances aziendali attraverso il suo contributo di idee e decisioni. E’ questa la prossima sfida ed il prossimo orizzonte d’uno sviluppo sostenibile. E’ questo la nuova “vision” cui può portare l’Ict.

Sentivo, pochi giorni fa, che un comune della Sardegna (Comune di Calrloforte) è diventato il primo comune a “impatto zero” attraverso l’uso di fonti rinnovabili d’energia e d’una fitta rete informatica di controllo dei consumi e dei servizi. Penso sia un esempio da emulare e migliorare, non uno dei tanti spot che “fa notizia”.

Questo è il secondo post del “Capitano Kirk”, che lascia già intravedere la rotta verso il prossimo pianeta… Ne seguiranno altri, ve l’assicuro, basati su esempi e calcoli su potenziali scenari… Il viaggio è appena cominciato: “Ai comandi Spok!...”