giovedì 7 marzo 2013

Prima di una rivoluzione


A partire dal mio rientro (definitivo) sembra che la Terra stia facendo tutto da sola e nel modo peggiore, come ben s’addice alla “Legge di Murphy”. Vale la pena spendere due parole su quest’ultima legge prima di addentrarsi in meandri più recenti. Wikipedia, dall’alto della sua libertà, la definisce come la mancanza di memoria della probabilità (il fatto che un evento sia improbabile non vuol dire che esso non possa verificarsi già nel corso dei primi tentativi, e che non possa poi ripetersi a distanza di breve tempo). Io amo definirla come il fatto che l’entropia di ciò che esiste (concetto che, nel senso comune è associato al disordine) può rimanere costante od aumentare, ma mai diminuire (la Fisica, almeno, dice così…).

Ma chi ci dice che ciò che aumenta è il disordine? Chi siamo noi per definire compiutamente ciò ch’è ordine o disordine? Non potrebbe essere un naturale aumento di situazioni indipendenti all’interno delle quali ciascun ente trova, per tentativi più o meno maldestri, la sua nicchia ecologica? In fin dei conti, l’evoluzione, nel senso darwiniano del termine, è piena d’esempi di tal genere (estinzioni di massa ed occupazione degli spazi lasciati liberi da parte di altri esseri viventi).

Lasciamo da parte la Fisica ed immergiamoci in ciò che sta scuotendo il mondo, specialmente quello che viene definito civilizzato o industrializzato che dir si voglia: scandali, dissolutezza, e strenua difesa dello status quo, trasferendo ad altri ingenti moli di debito frutto d’un denaro sempre più considerato fine anziché mezzo. I consumi sinora sono stati spinti al massimo, facendo credere a tutti che ciò rappresentava l’essenza stessa d’un benessere duraturo.

Ahimé!... E’ arrivata la resa dei conti!... Da più parti si sta prendendo atto che si è giunti al limite critico ed i vari governi stanno cercando di tagliare i costi aggredendo l’aggredibile, che nella maggior parte dei casi altro non è che il Welfare (in quanto più facile da tagliare), vero cemento di tutte le democrazie evolute.

Il popolo, ovviamente, non ci sta ed inizia a prefigurare altre vie per il futuro, adesso confuse ed urlate, poi, sempre meglio strutturate, formalizzate e convergenti ad uno stesso fine: cambiare il modello di sviluppo propendendo più per la sostenibilità che per la crescita infinita (che fisicamente è impossibile). Nuovi scenari stanno prendendo corpo scuotendo dal torpore quelle istituzioni (ormai marce) che sinora hanno rappresentato modelli da emulare.

E’ l’inizio d’una rivoluzione scoppiata in seno al tempio dell’economia (America, Europa, Cina e Sud-Est Asiatico). Nessuno può più permettersi di stare a guardare: è come se avessimo scoperto che un magnifico palazzo era solo un bellissimo intonaco che racchiudeva (e nascondeva) muri e pilastri marci. Vale la pena abbattere e ricostruire, giacché l’intonaco non è struttura portante…

Dove si andrà a finire (o a sbattere, secondo qualcuno che ancora s’arrabbatta per difendere la propria ed ormai indifendibile posizione) non è certo, dipenderà da quanto si riuscirà a costruire e da quanto menti veramente illuminate potranno dare una sterzata definitiva a questo pessimo stato d’involuzione. Inutile citare situazioni concrete: basta guardarsi attorno… Ciò che è importante è che il nuovo resti nuovo e pulito, senza lasciarsi incantare dalle solite sirene d’omerica memoria. Le nuove forze (che ora ai più appaiono “disordine”) devono mantenersi pure ed integre ma non per principio o puntiglio, giacché non servirebbe a nessuno, ma per essere d’esempio costruttivo per far scaturire il giusto “mea culpa” in tutti coloro che hanno portato il mondo sino a questo stato.

Non servono frasi altisonanti né citazioni di luminari (anche se è giusto trarre insegnamento dalla storia), occorre prendere atto che un modello è morto (o meglio, agonizzante) ed un altro è nato col compito di costituire un nuovo paradigma per il futuro gettandosi alle spalle (seppur ricordandoli, per monito) gli errori del passato.    

mercoledì 28 marzo 2012

La Fine e la Luce

Il viaggio nella fantascienza, dall’ultimo post pubblicato, ha subito una brusca battuta d’arresto. Si è tornati alla scienza, e a dire il vero non è stato un romanzo fantastico ispirato all’Enterprise, ma una precisa serie di messaggi e di illuminazioni che non potevo (e sentivo di non poter tenere) solo per me e, grazie alla Rete, ho provato a divulgare a tutti sperando che un qualche “cybernauta” avesse potuto trarne spunto costruttivo.

Si… Kirk ha deciso di fermarsi… E’ stanco di gridare nel deserto delle idee (che il più grande ed il più desolato che possa esistere…). Forse continuerà con esempi concreti ed allegorie, com’era (e com’è) suo proposito, ma non prima d’aver lanciato il suo ultimo messaggio all’Umanità intera… Non prima d’aver squarciato, a suo modo, le tenebre costituite da una grande bugia: l’economia del mondo c.d. “avanzato”

Fisica ed Economia sembrano mondi dissimili ed inconciliabili, il primo cerca di comprendere “cosa la Natura ci dice”, il secondo sembra prodigarsi nella costruzione d’un benessere duraturo per una nazione e, solo nei più alti ed illuminati suoi rappresentanti, per l’intero Genere Umano.

Eppure, non è così…  I suddetti mondi sono più vicini di quanto si pensi perché il secondo non può che obbedire alle ferree leggi del primo e perché l’ambiente su cui lavorano nei rispettivi ambiti coincide: la Terra ed il suo delicato equilibrio!...

Sin da quando ha cominciato a costruire attrezzi, approfittando del suo grande cervello e delle sue mani libere, l’Uomo ha cominciato a piegare la Natura ai suoi voleri, cercando di affrancarsi dalla fatica, dalla fame, dal freddo e da tutte le insidie ambientali. Cominciò da cacciatore, poi divenne agricoltore, allevatore, costruttore. Nel frattempo la sua intelligenza cresceva e cominciò a capire sempre più profondamente che la Natura gli forniva ulteriori energie per essere ancor più libero dalla fatica, dalla fame, dal freddo e dalle insidie ambientali… Scoprì il fuoco, la metallurgia, la muratura e le sue potenzialità costruttive crebbero… Costruì macchine per affrancarsi dalla fatica fisica e le perfezionò di giorno in giorno… Divenne capace di pensiero simbolico e da quel momento, in un crescendo quasi esponenziale soddisfò i suoi bisogni primari e puntò a soddisfare quelli secondari (o “voluttuari” che dir si voglia)… Divenne “Re della Terra” e in questo progressivo liberarsi da schiavitù perse il contatto con la sua unica astronave: la Terra stessa…

Questa perdita di contatto è ascrivibile al fatto che, ad un certo punto della sua storia, il Genere Umano iniziò a disporre di fonti d’energia che gli sembrarono inesauribili (carbone, petrolio, materiale fissile per l’energia nucleare) e gli attribuì un valore economico… Fu un periodo di grande crescita che ebbe inizio con la “Rivoluzione Industriale” per arrivare sino ai giorni nostri, dove, a partire dalla profonda crisi del 1929, iniziammo a comprendere che c’era qualcosa di profondamente sbagliato e qualcuno cominciò a pensare… Il denaro, forse, poteva comprare tutto, ma non poteva creare dal nulla risorse esaurite! Il 1929 fu la prima, durissima, lezione che il Genere Umano subì: il valore economico del dollaro era stato completamente divorato da un eccesso di liberismo, ne seguirono fallimenti a catena e la presa di coscienza che bisognava “cadere” e “ricostruire”… La moneta non generava ricchezza da sola, senza una propensione al risparmio e senza essere collegata a beni reali e durevoli che rappresentassero concretamente la sua “stabilità di valore”… Il mondo ripartì con nuove regole che garantirono benessere per quasi ottant’anni… Sino ad oggi, sino al 2008, quando un’altra profonda crisi s’è profilata all’orizzonte e stavolta vestita anche di danni ambientali dovuti all’azione antropica.

Se nel 1929 il problema fu quello d’aver attribuito alla moneta poteri che non erano suoi, adesso il problema è diverso: non solo le potenzialità della moneta sono giunte al secondo culmine (anche adesso, come allora, non genera ricchezza da sola), ma l’Economia si è scontrata con la Fisica: questo concetto sembra appannaggio della mente d’un folle, ma, ahimè, quello che verrà dopo rappresenta la nuda e cruda realtà che ci impone di compiere un’indifferibile svolta d’approccio.

In Natura non esiste alcuna trasformazione che non consumi, in modo irreversibile, una certa quantità d’energia. E’ il cosiddetto “Secondo Principio”, per il quale “L’entropia (o disordine) dell’Universo non può mai diminuire”.

Condizioni speciali, come è avvenuto sulla Terra, possono rallentare la suddetta tendenza, creando ambienti più o meno organizzati che, nelle loro espressioni più alte, assumono l’aspetto di sistemi viventi nei quali appaiono intelligenze e civiltà, ma il tutto resta scandito dall’inesorabile ritmo del “Secondo Principio” e dai suoi tempi, più o meno lunghi, di transizione al disordine.

Sembra un messaggio apocalittico, ma non ci sarebbe da preoccuparsi per l’immediato futuro: da quanto recitano profonde equazioni, il sistema sarebbe stato “programmato” per sopravvivere molti anni, a meno di non introdurre in lui aumenti d’entropia troppo vertiginosi e, proprio per questo, caotici e incontrollabili a livello profondo.

Purtroppo, sembra proprio quello che sta accadendo e l’economia basata sulle attuali regole, pare che ci stia mettendo il fatidico “carico da undici”.

La società attuale “trasforma” e “consuma” in un continuo crescendo e da questo meccanismo si trae profitto (la fatidica “crescita”), accumulando moneta in maniera quasi sempre non uniforme tra stati “sovrani”. Ma altri stati si affacciano alla “voglia di benessere”: Cina, India, Sud-Est asiatico, America Latina, Africa e tutti con un inesorabile bisogno d’energia per “trasformare” e “consumare”, stando all’attuale modello di sviluppo. Le risorse fossili, purtroppo, non sono infinite… Contenute nel pianeta Terra sono per ovvia conseguenza limitate ed anche se arrivassimo a sfruttare l’energia da fusione nascosta nell’idrogeno o nel deuterio dei mari (definita da tanti “inesauribile e pulita”), la stessa non potrà non sortire un aumento di temperatura globale, giacché, per l’inesorabile “Secondo Principio”, non esiste fisicamente una macchina perfettamente efficiente… L’idrogeno trasformato in elio genera energia sotto forma di disordinate particelle veloci e, comunque, il bilancio energetico complessivo sarà in perdita, perché due nuclei di deuterio sono più “pesanti” (contengono più energia spendibile) di un nucleo di elio. Di questa differenza, una parte verrà sfruttata, un’altra sarà irrimediabilmente persa come aumento del disordine complessivo (entropia) e nessuna moneta potrà mai rimpiazzare la perdita.

Ecco lo scontro tra Economia e Fisica: il modello del “consumismo infinito” è fisicamente insostenibile sul lungo termine e un nuovo modello di sviluppo dovrà puntare al raggiungimento d’un equilibrio stabile, dove la moneta è solo “merce per comprare altra merce”, senza alcun valore intrinseco, ma solo per rappresentare un “baratto simbolico”. La cosa non piacerà certo agli attuali teorici dell’economia, ma è il giusto epilogo, se si vuol evitare una catastrofica corsa verso l’autodistruzione.

Risorse limitate costano sempre di più man mano che diminuiscono per lo sfruttamento e questo maggior costo intaccherà per prime le propensioni al risparmio, lo stato sociale e la previdenza (pubblica o privata che sia) delle democrazie stabili (del resto, sono le più facili da intaccare, perché ben definite nei quadri normativi dei singoli stati). Anche una risorsa energetica potenzialmente illimitata (l’energia da fusione nucleare), se sfruttata in modo dissennato, porterà ad un aumento dell’entropia (riscaldamento globale) con analoghe ed inesorabili conseguenze distruttive, lo si è quasi matematicamente dimostrato pochi paragrafi fa.

Che fare? Sembra comunque un inevitabile apocalisse, ma a mio avviso siamo ancora in tempo: i semi ci sono e sono rappresentati dal forte sviluppo delle energie rinnovabili e dalla sempre maggior attenzione alle problematiche ambientali, ma il percorso è ancora lungo e, ora come ora, tre cose si profilano all’orizzonte:

·         arginare la corsa dissennata ai consumi: l’esigenza fondamentale è la “sostenibilità”, non la “crescita”, giacché quest’ultima rappresenta il solo (e banale) aumento di valore di monete locali che, prima o poi diverranno inutili (il “consumismo infinito” è fisicamente insostenibile sul lungo termine e l’accrescimento del valore globale della moneta altro non è se non la sua più bieca espressione, anzi, si potrebbe affermare che la crescita del valore globale della moneta è direttamente collegato alla distruttiva crescita di entropia del sistema);
·         sprecare meno, ricorrendo alle enormi potenzialità offerte dalle Reti di comunicazione (Internet è ubiqua ed i server consumano sempre meno energia), dall’Ingegneria, dalla ricerca scientifica e dagli accordi di amicizia e cooperazione tra stati (telematica, telelavoro, automazione della Pubblica Amministrazione, infrastrutture sostenibili, nuovi materiali, programmi di sviluppo sostenibile, scolarizzazione, rispetto reciproco, non belligeranza etc.);
·         puntare sulle fonti rinnovabili d’energia e riscoprire, alla luce delle moderne tecnologie, il grande valore dell’agricoltura, che non è la “sorella povera” dell’industria, ma l’unico modo di produrre ricchezza vera (giacché ottenuta utilizzando i principi costruttivi insiti nelle fonti più rinnovabili e disponibili che esistano, quali Sole, Terra, Aria ed Acqua).

Sono concetti profondi, di respiro non nazionale od europeo, ma mondiale… La sostenibilità non è una esigenza di questa o quella nazione, ma dell’intero pianeta!... Forse è cominciata la fine d’un’epoca che prefigura l’inzio, per tutti, d’un nuovo modo di vivere in pace!...

E’ la Pubblica Amministrazione, con la sua profonda e neutrale etica costruttiva che, piaccia o non piaccia, è in grado di indicare il nuovo percorso ad una Politica e ad un’Economia alquanto disorientate

Kirk è tornato per sempre sulla Terra e lavorerà in tal senso col suo equipaggio di uomini liberi e illuminati!…

venerdì 10 febbraio 2012

Siamo in riserva...

Qui, purtroppo, la fantascienza finisce e si entra nel mondo della scienza e dell'economia. Quello che segue dopo la riga di asterischi è un resoconto (pubblicazione autorizzata) di  James Murray della School of Oceanography dell’Università dello stato di Washington a Seattle (vedi didascalia in fondo al post).

Si, è vero, siamo in riserva: è questa la vera origine della crisi economica globale che ci impone di trovare un modello di sviluppo diverso, in altri termini, UN NUOVO PIANETA basato su regole diverse e più sostenibili. E' indubbio che il Settore Pubblico essendo a diretto contatto (e principale motore) delle politiche di sviluppo non può starsene seduto in poltrona e stare a guardare: IL DENARO PUO' COMPRARE ENERGIA, MA DI CERTO NON LA CREA E L'ECONOMIA CRESCE O SI MANTIENE SE E SOLO SE C'E' ENERGIA DISPONIBILE.

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In molte parti del mondo, e in particolare negli Stati Uniti, un insistente dibattito sulla qualità della scienza del cambiamento climatico e i dubbi sulle dimensioni degli impatti ambientali negativi hanno fatto da remora alle scelte politiche di riduzione della crescita delle emissioni di gas-serra. Ma può esserci una ragione più persuasiva per abbassare le emissioni globali: l’impatto del calo dell’offerta petrolifera sull’economia.

La produzione di combustibili fossili di cui possiamo disporre è minore di quanto molti credano. A partire dal 2005, la produzione convenzionale di petrolio greggio non è cresciuta di pari passo con la crescita della domanda. Noi sosteniamo che il mercato del petrolio è passato a un nuovo e diverso stato, in una di quelle che in fisica si chiamano transizioni di fase: oggi la produzione è «anelastica», incapace cioè di seguire la crescita della domanda, e questo spinge i prezzi a oscillare in modo selvaggio. Le risorse degli altri combustibili fossili non sembrano in grado di colmare il buco.

I ripidi picchi dei prezzi dei combustibili che derivano da questa situazione possono provocare crisi economiche, e hanno contribuito a quella da cui il mondo si sta risollevando. È ben poco probabile che l’economia del futuro sia in grado di sopportare quel che ci riservano i prezzi del petrolio. Solo allontanandoci dai combustibili fossili possiamo, al tempo stesso, assicurare più solide prospettive economiche e affrontare le sfide del cambiamento climatico. È una trasformazione che richiederà interi decenni, ma è necessario che abbia inizio subito.

La produzione di petrolio greggio è cresciuta di pari passo con la domanda dal 1998 al 2005. Ma poi qualcosa è cambiato. La produzione è rimasta grosso modo costante per tutti gli ultimi sette anni, malgrado
un aumento del prezzo di circa il 15 per cento all’anno (considerando il prezzo del Brent sulla piazza di Londra), dai circa 15 dollari al barile del 1998 agli oltre 140 dollari al barile del 2008. Il prezzo continua a riflettere la domanda: è sceso fino a circa 35 dollari al barile nel 2009 grazie alla recessione del 2008-2009, per poi risalire con il miglioramento dell’economia globale fino ai 120 dollari al barile, e ridiscendere al suo attuale valore di 111 dollari. Ma la catena di fornitura non è stata capace di tenere il ritmo della crescita della domanda e dei prezzi.

L’idea di un «picco del petrolio» – che la produzione globale dovesse raggiungere un massimo e poi declinare – è in giro da decenni, con gli accademici impegnati a discutere se fosse già stato superato o se dovesse ancora venire. La tipica risposta degli operatori del settore è far notare la crescita delle stime delle riserve globali – i quantitativi sotterranei noti che possono essere commercialmente prodotti.


La produzione dei campi petroliferi sta declinando in tutto il mondo a tassi compresi tra il 4,5 per cento e il 6,7 per cento all’anno. Ma questi dati sono fuorvianti. Il reale volume delle riserve accertate è oscurato dal segreto; le previsioni delle aziende petrolifere di stato non sono verificate e sembrano essere esagerate. Inoltre, e soprattutto, le riserve richiedono spesso dai 6 ai 10 anni di perforazioni e sviluppo per entrare a far parte dell’offerta, e nel frattempo avrà cominciato a esaurirsi qualche altro campo petrolifero più vecchio. È molto più sensato guardare invece agli andamenti della produzione effettiva, e questi sono meno incoraggianti. Anche se le riserve sono, a quanto pare, in crescita, la percentuale disponibile per la produzione sta scendendo.

Negli Stati Uniti, per esempio, la produzione come percentuale delle riserve è costantemente diminuita dal 9 per cento del 1980 al 6 per cento di oggi. La produzione dei campi petroliferi in tutto il mondo sta declinando a tassi compresi più o meno tra il 4,5 per cento e il 6,7 per cento all’anno. È solo aggiungendo la produzione proveniente da nuovi pozzi che la produzione complessiva mondiale sta riuscendo a restare costante.

La produzione di petrolio ha toccato il tetto
Fino al 2005, la produzione ha seguito la domanda, ma poi è rimasta ferma malgrado l’aumento dei prezzi sia continuato. La linea azzurra indica la produzione, in milioni di barili al giorno; quella in rosso il prezzo del petrolio in dollari USA/barile.

Transizione di fase
Il brusco cambiamento verificatosi nell’economia del petrolio è ben visibile nel diagramma di dispersione prezzi/produzione. Sono evidenziate una fase «elastica» (la produzione è in grado di rispondere alla domanda, modulando i prezzi), un «punto di transizione» e la successiva fase «anelastica» (in cui la produzione non tiene più il passo della domanda, con ampie oscillazioni dei prezzi). L’asse verticale indica i prezzi spot a livello mondiale (dollari USA/barile) e quello orizzontale la produzione di petrolio greggio (milioni di barili di petrolio al giorno).

Nel 2005 la produzione globale di greggio convenzionale ha raggiunto i 72 milioni circa di barili al giorno. Da allora in poi, la capacità produttiva sembra aver raggiunto un tetto al livello di 75 milioni di barili al giorno. Il grafico che mette a confronto prezzi e produzione dal 1988 a oggi mostra questa evidentissima transizione, da un periodo in cui l’offerta era in grado di rispondere elasticamente alla crescita dei prezzi dovuta all’aumento della domanda a un periodo in cui non riesce più a farlo.

Il risultato è che i prezzi oscillano selvaggiamente in risposta a modesti cambiamenti della domanda. Già altri hanno fatto osservare che intorno all’anno 2005 c’è stato questo cambio di passo nell’economia del petrolio, ma questo è un punto che va fermamente inculcato nella mente di tutti coloro che hanno il compito prendere decisioni di ordine politico.

Facile accesso

Non stiamo restando senza petrolio; ma stiamo finendo il petrolio che può essere prodotto con facilità e a basso prezzo. Le proiezioni dell’Energy Information Administration degli Stati Uniti prevedono una crescita del 30 per cento della produzione petrolifera da oggi al 2030. Tutto l’incremento è attribuito a progetti non identificati – petrolio, vale a dire, che ancora deve essere scoperto. Anche se la produzione dei campi già esistenti dovesse miracolosamente smettere di diminuire, un aumento del genere richiederebbe per il 2030 una nuova produzione di 22 milioni di barili al giorno. Se continuerà, realisticamente, un declino del 5 per cento all’anno, avremmo bisogno di nuovi campi petroliferi che diano più di 64 milioni di barili di petrolio al giorno di nuova produzione – una cifra grosso modo equivalente all’intera produzione odierna. A nostro avviso, è molto improbabile che ciò accada.

Non sarà il petrolio non convenzionale a colmare la differenza. La produzione di petrolio a partire dalle sabbie bituminose del Canada – la cosiddetta «ultima dose del petrodipendente» - dovrebbe raggiungere, secondo le attese, appena i 4,7 milioni di barili al giorno per il 2035. Quello ottenuto dalle sabbie bituminose del Venezuela è attualmente meno di 2 milioni di barili al giorno, con ben poche prospettive di spettacolari aumenti.

Molti studi recenti suggeriscono che il carbone disponibile sia meno abbondante di quanto finora dato per assodato. Molti credono che il carbone sarà la soluzione ai nostri problemi energetici, e che rimarrà a buon mercato ancora per decenni. Ma parecchi studi recenti suggeriscono invece che il carbone disponibile è meno abbondante di quanto si sia finora dato per assodato. La produzione di carbone degli Stati Uniti ha toccato il suo massimo nel 2002, e la produzione mondiale di energia da carbone, secondo le proiezioni, dovrebbe toccare il suo acme già nel 2025.

A ogni aggiornamento delle cifre delle riserve di carbone, le stime sono in genere riviste al ribasso: l’ammontare stimato delle riserve mondiali (che per il 79 per cento sono detenute da Stati Uniti, Russia, India, Cina, Australia e Sud Africa) è stato ridotto di più del 50 per cento nel 2005, al livello di 861 gigatonnellate (miliardi di tonnellate). Il relativo studio poneva la produzione finale di carbone (il quantitativo totale che l’umanità sarà in grado di estrarre dal suolo) a 1163 gigatonnellate. Una stima indipendente della produzione finale formulata nel 2011 è arrivata a un valore di sole 680 gigatonnellate, del 40 per cento più bassa del valore stimato nel 2005 e circa cinque volte inferiore a quanto era stato assunto in alcuni precedenti scenari ad altro consumo di carbone dell’IPCC (l’organismo dell’ONU sul cambiamento climatico).

Il comitato del National Research Council degli Stati Uniti incaricato della valutazione di ricerca, tecnologia e risorse carbonifere ai fini della politica energetica ha osservato nel 2007 che «le attuali stime delle riserve di carbone sono basate su metodi che non sono stati mai più sottoposti a revisione o riesame dopo la loro prima formulazione nel 1974 […] i metodi aggiornati indicano che solo una piccola frazione delle riserve precedentemente stimate è costituita da riserve effettivamente estraibili».

Il gas naturale è ancora abbondante, e ne sono state effettuate grosse scoperte di recente, in particolare in Israele e in Mozambico. Le centrali a gas naturale forniscono il 25 per cento dell’elettricità generata negli Stati Uniti, e la cifra è in aumento. La produzione del gas naturale convenzionale negli Stati Uniti ha toccato il massimo nel 2001, ma le aziende energetiche hanno fatto grossi sforzi per promuovere l’idea che la fatturazione idraulica delle rocce scistose (o scisti bituminosi) condurrà a una vera e propria «età del gas naturale».

Non c’è alcun dubbio sul fatto che le risorse di gas ricavabile dalle rocce scistose negli Stati Uniti sono immense, ma recenti rapporti fanno pensare che sia le riserve che i futuri tassi di produzione siano stati sostanzialmente esagerati. Per siti come gli scisti di Barnes e Fayetteville, dove è possibile studiare una lunga storia di produzione, vi è stato un declino annuo dei tassi di produzione estremamente forte. Il consulente geologico Arthur Barman, direttore della Labyrinth Consulting Services di Sugar Land, nel Texas, ed esperto di livello mondiale dell’estrazione di gas da rocce scistose, ha posto questo declino a livelli compresi tra il 60 e il 90 per cento. Fra i pozzi di estrazione del gas dagli scisti in attività da più di cinque anni, circa il 30 per cento è ormai sub-commerciale in seguito a tale rapido declino, unito al basso prezzo del gas.

Ostacoli alla crescita

Cosa vuol dire tutto questo per l’economia globale, così strettamente legata alle risorse fisiche? Delle 11 recessioni verificatesi negli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale, 10, fra cui la più recente, sono state precedute da un balzo improvviso dei prezzi del petrolio. Sembra esser chiaro che non è stato solo un problema creditizio, il cosiddetto credit crunch, a dar l’avvio alla recessione del 2008, ma anche l’assai meno pubblicizzata e discussa «stretta» dei prezzi del petrolio. Gli alti prezzi dell’energia pesano sui bilanci delle famiglie e remano contro la ripresa economica. Sia gli Stati Uniti che l’Europa spendono 1 miliardo di dollari al giorno per importare petrolio. Il prezzo medio della benzina negli Stati Uniti è salito dai 75 centesimi al litro del 2010 ai 95 centesimi al litro del 2011. E dato che negli Stati Uniti se ne consumano circa 1,4 miliardi di litri al giorno, il paese ha speso circa 280 milioni di dollari al giorno in più per acquistare benzina, lasciando meno denaro a disposizione per le spese discrezionali.

Un altro efficace esempio dell’effetto della crescita dei prezzi del petrolio lo si può vedere in Italia. Nel 1999, quando il paese ha adottato l’euro, l’attivo commerciale annuo del paese era pari a 22 miliardi di dollari. Da allora, la sua bilancia commerciale è cambiata in modo notevolissimo, e oggi l’Italia ha un passivo di 36 miliardi di dollari. Anche se le cause di questa svolta sono molte, fra cui la crescita delle importazioni dalla Cina, l’aumento del prezzo del petrolio è la più importante di tutte. Malgrado un calo delle importazioni pari a 388.000 barili al giorno rispetto al 1999, l’Italia spende oggi 55 miliardi di dollari all’anno per importare petrolio, rispetto ai 12 miliardi del 1999. La differenza è prossima al corrente deficit della bilancia commerciale. Il prezzo del petrolio ha probabilmente dato un forte contributo alla crisi dell’euro nell’Europa meridionale, i cui paesi dipendono completamente dal petrolio estero.

Malgrado un calo delle importazioni pari a 388.000 barili al giorno rispetto al 1999, l’Italia spende oggi 55 miliardi di dollari all’anno per importare petrolio


L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha detto con grande chiarezza che l’economia globale è a rischio quando i prezzi del petrolio sono superiori ai 100 dollari al barile – come sono stati negli ultimi anni, e come certamente continueranno a essere, data la risposa anelastica della produzione globale. Storicamente, il legame tra produzione petrolifera e crescita economica globale è molto stretto.

Se la produzione di petrolio non può crescere, ciò implica che non può crescere neppure l’economia. E questa è una prospettiva così spaventosa che molti hanno semplicemente evitato di prenderla in considerazione. Il Fondo Monetario Internazionale, per esempio, continua a prevedere una crescita economica pari al 4 per cento del prodotto interno lordo per i prossimi 5 anni, vicina ai massimi storici del periodo successivo al 1980. Eppure, per realizzarla ci vorrebbe o un eroico incremento della produzione di petrolio del 3 per cento all’anno, o un aumento dell’efficienza dell’uso del petrolio, o una crescita a maggiore efficienza energetica o una rapida sostituzione del petrolio con altre fonti di combustibili. Economisti e politici discutono continuamente di politiche che portino al ritorno alla crescita economica, ma dato che mancano di riconoscere la centralità del problema dell’alto prezzo dell’energia, non hanno identificato la necessaria soluzione: svezzare la società dai combustibili fossili.

Nel Regno Unito, un gruppo di lavoro costituito da alcuni grandi gruppi (la Industry Taskforce on Peak Oil and Energy Security) e il Department of Energy and Climate Change del governo sono assai consapevoli di questi rischi, e si sono impegnati a lavorare insieme per salvaguardare il paese e la sua economia dalla crescita dei prezzi del petrolio. Il gruppo, formatosi nel 2008, ha messo in guardia la Gran Bretagna dal farsi trovare impreparata dalla stretta petrolifera, e ha detto che le politiche rivolte ad affrontare il «picco petrolifero» devono essere inserite tra quelle prioritarie.

Nel 2011, il suo presidente, John Miles, ha detto: «Dobbiamo definire i rischi e sviluppare ragionevoli piani d’emergenza. Ciò vuol dire ripensare criticamente a ciò che dovremmo fare da subito se sapessimo che nei prossimi cinque anni i prezzi del petrolio si impenneranno». Un analogo riconoscimento congiunto da parte del governo federale e del settore privato è assente negli Stati Uniti, in cui le relative azioni sono state in larga misura intraprese a livello di singolo stato o di singola città. Il governo britannico ha preso con una decisione parlamentare l’impegno a diminuire le emissioni di biossido di carbonio dell’ 80 per cento, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2050. il Congresso degli Stati Uniti ha respinto ogni impegno di questo genere.

Agire più in fretta

Cambiamento climatico e nuovi sviluppi nella produzione di combustibili fossili sono in genere visti come fenomeni separati. Ma in realtà sono strettamente legati. Del rischio di una limitazione dell’offerta di combustibili fossili bisogna certamente tenere conto quando si considerano le incertezze legate ai futuri cambiamenti climatici. Gli approcci di cui c’è bisogno per affrontare gli impatti economici della scarsità di risorse e quelli del cambiamento del clima sono gli stessi: andare oltre la dipendenza dalle fonti energetiche date dai combustibili fossili.

Mentre le implicazioni dei cambiamenti del clima non hanno indotto che a lente risposte politiche, le conseguenze economiche tendono a spingere all’azione a breve termine. Dai dati storici sappiamo che quando i prezzi del petrolio si impennano, l’economia risponde nel giro di un anno. I governi che trascurano di fare i loro piani rispetto al declino della produzione di combustibili fossili subiranno colpi potenzialmente assai seri all’economia ben prima che l’innalzamento del livello dei mari inondi le loro coste o i raccolti agricoli comincino catastroficamente a mancare.

Le soluzioni non hanno nulla di segreto o di misterioso. Globalmente, noi otteniamo 55 x 10 ^ 18 joule di energia utile da 475 x 10 ^ 18 joule di energia primaria ricavata da combustibili fossili, biomasse e centrali nucleari. La differenza è dovuta a perdite energetiche e inefficienze dei processi di trasmissione e conversione. Incrementando l’efficienza, potremmo ottenere la stessa quantità di energia utile bruciando meno combustibile.

Dobbiamo specificare degli obiettivi di conservazione per migliorare l’efficienza dell’uso dell’energia ricavata dai combustibili fossili. Di ciò fa parte tassare il petrolio per tenere alti i prezzi e incoraggiare riduzioni del suo impiego; incoraggiare l’energia nucleare; domandarsi se e come la crescita economica possa andare avanti senza aumenti della disponibilità di combustibili fossili; abbassare i limiti di velocità sulle strade e incoraggiare il trasporto pubblico; o rimodulare gli incentivi fiscali a favore dello sviluppo delle energie rinnovabili.

È una trasformazione che richiederà decenni, quindi bisogna cominciare il più presto possibile. Sottolineare gli imperativi economici a breve termine imposti dai prezzi del petrolio dovrebbe bastare a spingere i governi ad agire subito.


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James Murray lavora alla School of Oceanography dell’Università dello stato di Washington a Seattle, Washington 98195, USA. È stato fondatore e direttore del Program on Climate Change dell’Università dello stato di Washington. David King dirige la Smith School of Enterprise and the Environment dell’Università di Oxford, Oxford OX1 2BQ, ed è chief scientific adviser della banca UBS. È stato chief scientific adviser per il governo britannico nel periodo 2000-2007.
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature, n.481, 26 gennaio 2012; riproduzione autorizzata)

mercoledì 14 dicembre 2011

Telematizzazione: La Rete come opportunità di crescita economica

Era da tempo che non ci si risentiva… Nel frattempo il viaggio dell’Enterprise è continuato e “nell’uscire dal Sistema Solare”, atto associabile al salto verso il nuovo, si sta profilando un nuovo orizzonte per la Pubblica Amministrazione: la “Telematizzazione” sospinta dall’ubiquità e dal basso costo dell’Ict.

Sembrerebbe un’altra delle “mode italiane”: dal punto di vista socio-economico, l’Italia cede facilmente alle “mode”, molto più di altre nazioni (si pensi alla diffusione della telefonia cellulare), probabilmente per il fatto che siamo una nazione che ama molto discutere e poco decidere… Ciò spiegherebbe la sua forte inclinazione a perseguire l’adagio del “finché la barca va lasciala andare” e seguire una moda non è altro che questo, giacché cela il concetto che “se va bene per il vicino, andrà bene anche per me…” senza chiedersi altro.

Gli ultimi eventi, però, stanno dimostrando che non si può più rimanere immobili aspettando che sia qualcun altro ad inventare una “moda”: è l’economia globale che sta cercando nuovi sbocchi e continuiamo ad essere un sistema-paese molto impreparato a cercare nuovi orizzonti. Amiamo, e purtroppo a tutti i livelli, fruire di quel che c’è sino a quando non s’esaurisce (e lo chiamiamo “amministrare”…), poi, dopo il “tonfo”, quasi magicamente riusciamo a ritrovare la strada, ma spesso dopo dolorose conseguenze. Siamo fucine di idee come singoli, ma lenti dinosauri come sistema e questo, più d’una volta, ha implicato il nostro arrivo come secondi o addirittura ultimi ad una opportunità di rilancio sistemico, con l’ovvia conseguenza di contar poco a livello internazionale: siamo “amati”, ma non “rispettati” e questo problema ultimamente s’è molto aggravato e ci vorrà molta energia e costanza per venirne fuori…

Paradossalmente, però, l’ultima “moda” della “telematica ovunque” può giocare a nostro favore: la Pubblica Amministrazione, grazie a Leggi particolarmente innovative, sta costruendo una sua autocoscienza e, finalmente, sta cominciando a credere seriamente al fatto che per vincere la battaglia col futuro prossimo occorre passare dalla mera collezione di enti alla costruzione d’un sistema, attuando quelle forti razionalizzazioni ed unificazioni che l’Ict consente di realizzare a basso costo.

Il sito www.dati.gov.it è già una prova, ma bisogna far si che non sia una “moda”, ma un fatto strutturale utilizzabile per crescere seguendo una vera logica di investimento… Si, investimento, anche se parliamo di Pubblica Amministrazione la quale non ha né “utili” né “dividendi” in senso aziendalistico, ma sicuramente li ha a livello di indotto sulla società e sull’economia.

Il 5 novembre u.s. l’AGDP (Associazione delle giovani classi dirigenti della Pubblica Amministrazione) si riuniva a Taormina e redigeva un bellissimo documento dal titolo “Spendere meno per fare di più” che vi invito a scaricare e leggere avidamente nelle sue 15 pagine. Ci sono dentro tre concetti fondamentali:

  1. La presa di coscienza che la Dirigenza Pubblica non è una emanazione politica, anzi, pur essendo leale ad ogni Governo (perché così dev’essere) aborrisce le ingerenze della Politica nell’Amministrazione esigendo un leale confronto alla pari: se la Politica distribuisce le risorse, la Pubblica Amministrazione attraverso la sua classe dirigente non ha il compito di “spenderle”, ma di farle fruttare. Proprio per questo si auspica un forte affermarsi della “imprenditorialità” del Dirigente e della meritocrazia non solo nelle scelte dei “Top Manager”, ma anche nelle progressioni di carriera dei pubblici dipendenti.
  2. I costi della Pubblica Amministrazione non sono per nulla assimilabili ai costi della Politica, logica che ha penetrato la pubblica opinione proprio per le forti ingerenze della Politica nella strutturazione e nella guida della “Macchina Pubblica”. Finalmente, la Pubblica Amministrazione inizia a gridare a gran voce che ha una sua personalità sancita dalla Costituzione: questo è il seme dell’autocoscienza d’essere sistema, seme che va coltivato con azioni concrete.
  3. Presa di coscienza, traendo spunto dalla Dichiarazione di Granada, siglata lo scorso anno dai Ministri responsabili delle politiche della Società dell’informazione nei paesi UE (durante la quale è stato evidenziato che il settore Ict contribuisce per il 50% all’aumento della produttività) che l’Ict è un investimento. Le potenzialità delle nuove tecnologie informatiche costituiscono un’occasione straordinaria per la Pubblica Amministrazione e non solo in termini di aumento della produttività ma anche di incremento della accessibilità dei servizi da parte dei cittadini. In particolare, le nuove applicazioni wireless e cloud stanno profondamente modificando (e migliorando) le modalità lavorative nel settore privato. La PA italiana non può permettersi di rimanerne fuori. Ci sono sicuramente dei costi iniziali, che debbono essere resi compatibili con le esigenze di finanza pubblica, ma i benefici nel medio-lungo periodo, sia di risparmio che di maggior efficienza dell’attività amministrativa, sono incomparabili, soprattutto se si pensa al fatto che cablando i rapporti si cablano anche le regole ed il funzionamento della “Macchina Pubblica”, instillando, così, fiducia nei cittadini. Il Web è fortemente pervasivo e semplifica giorno per giorno l’interazione uomo-macchina. E’ vero che la telematizzazione spinta porta in sé il problema del “Digital Divide” che suona come un nuovo analfabetismo, ma è proprio su questo campo che la PA può mostrare i suoi muscoli ed invertire le sorti del paese… Si, c’è la concreta possibilità di risolvere l’annosa “Questione Meridionale” cablando regole omogenee su tutto il territorio nazionale, infliggendo un colpo mortale a “pseudo-prestazioni” direttamente collegate al voto di scambio e ad altre anomalie, ma occorre volerlo… La tecnologia c’è e costa anche poco, manca una seria politica di investimento sulle regole e sugli uomini! Risultati ed infrastrutture emergeranno naturalmente dalla collettività amministrate, se il quadro di riferimento è chiaro alla fonte…

Quello che emana da tutto ciò, visto alla luce del difficile momento che il mondo industrializzato sta vivendo, non è spiegabile in pochi post, né in un documento… Dev’essere percepito nel profondo come illuminazione dalla quale trarre slanci propulsivi. Ogni persona investita di responsabilità pubblica ci arriverà per la sua strada, ma solo se ha ben metabolizzato che è finito il momento “dell’apparire” ed è venuto quello “del fare”, agendo seriamente in modo costruttivo e strutturale nel proprio ambito d’azione. Un dirigente o, in generale, un responsabile che, alla stregua d’un religioso fanatico, segue alla perfezione ciò che dicono le “circolari” del livello superiore senza arricchirle del suo sapere e dei suoi valori (che ha messo lealmente a disposizione della Repubblica Italiana) cosa costruisce in più? La risposta è scontata: nulla, se non il perseguimento della propria tranquillità personale (con un dispregiativo “la propria poltrona”) che rappresenta, a tal punto, mero costo senza crescita dell’organizzazione in cui opera.

Non è facile trovare un concetto che faccia scoccare la scintilla, ma per il nome che mi sono attribuito, spero di darvela con una storia di fantascienza ispirata alla Saga di “Star Trek”.

Finalmente un nuovo pianeta

E’ passato più di un anno da quando abbiamo lasciato la Terra, Giove ci ha fiondato con la sua forte spinta gravitazionale, fuori dal Sistema Solare.

Siamo fuori dal piano orbitale di tutti i pianeti e siamo quasi in opposizione all’indisciplinato Plutone, che con la sua orbita fortemente inclinata si distingue da tutti… Siamo lontani dalla fascia degli asteroidi e non ci sono comete nelle vicinanze, o meglio, ce n’è una relativamente lontana con un’orbita quasi iperbolica… Non darà alcun fastidio… Anche la Fascia di Kuiper è lontana, del resto è piatta ed adagiata sul piano equatoriale della nostra stella… Tra poco sarà possibile accendere il motore a curvatura e puntare alla volta della stella PX235479, una nana gialla simile al Sole distante un centinaio di anni luce dalla Terra.

Attorno ad essa orbita un pianeta con un raggio due volte e mezzo più grande ed abitabile (gli astrofisici lo definiscono una “Superterra”), anzi, abitato, perché studiando l’entropia dei deboli segnali elettromagnetici che arrivano s’era già notato che lassù vive una società evoluta… Speriamo solo che non sia aggressiva e di riuscire a fargli comprendere che stiamo andando là in pace… Forse lassù ci sarà spazio per la razza umana e si potrà ricominciare buttando alle spalle i nostri errori e portando, con umiltà, il nostro sapere per costruire, insieme, un mondo più giusto che vive in armonia col suo ambiente…

Ero preso in questi pensieri e stavo analizzando meglio i segnali provenienti dal pianeta. A parità di superficie erano molto più deboli di quelli terrestri, ma denotavano una tecnologia simile se non più evoluta, sebbene quei segnali avessero un secolo, quegli esseri intelligenti avevano certamente minimizzato l’uso dell’informazione tramite onde radio…

Fui interrotto dall’informatico che voleva visitare Venere che di nuovo con saccenza polemizzava sul fatto che avevamo perso più di un anno di tempo per uscire dal Sistema Solare, quando potevamo accendere subito il motore a curvatura. Pensavo a problemi ben più grandi ed avrei preferito zittirlo, ma ognuno ha diritto ad una parola di verità, perché il vero spinge a costruire mentre gli ordini perentori, mortificando nell’intimo la persona, portano verso una distruttiva individualità. Decisi così di rispondergli:

-          Accendendo dentro il Sistema Solare il motore a curvatura avremmo perturbato il moto di tutti i pianeti, rompendo il delicato equilibrio di risonanza gravitazionale di tutti i corpi!...
-          Ma eravamo molto distanti dai singoli pianeti!...
-          Ti dice niente la Relatività Generale? Il motore a curvatura avrebbe provocato un’onda gravitazionale che avrebbe scagliato tutti gli altri pianeti chissà dove… I cambiamenti climatici non sono del tutto irreversibili e non è detto che la Natura non trovi un nuovo assetto e la Terra continui ad essere abitabile, anzi, c’è chi sta lavorando per incentivare un nuovo equilibrio e ci sono buone probabilità che ci riesca… Con la tua semplicistica idea avremmo buttato via l’ultima opportunità per il nostro pianeta!...
-          Ma se ne stiamo cercando uno nuovo!...
-          Ci vorranno anni per trasbordare e poi, dimentichi che la Terra resterà comunque il tuo mondo, quello che ti ha permesso di nascere, vivere ed essere quel che sei… Mi sembri alquanto cinico a volerlo liquidare come un barattolo vuoto senza tener conto che ancora ci sono buoni margini per salvarlo e costruire su di esso un mondo che non ripercorrerà più gli stessi errori! E poi… Hai dimenticato che laggiù c’è ancora gente?! Hai dimenticato che se per noi il viaggio interstellare durerà poco più di due mesi tra andata e ritorno sulla Terra saranno trascorsi due secoli e forse sarà troppo tardi per fare qualcosa?!...

A queste parole lo vidi riflettere… Si rabbuiò e abbassando gli occhi disse mestamente: “Mi perdoni, capitano!...”. Si sedette davanti al suo monitor e, continuando ad osservarlo, vidi che era entrato nella biblioteca dell’Enterprise a consultare un serio testo di Relatività Ristetta e Generale. “Finalmente scienza vera”, pensai, “Ti servirà…”.

Eravamo ormai fuori dall’influenza gravitazionale del Sole e perlomeno, da questo punto, avrei potuto far in modo che l’onda gravitazionale del motore a curvatura avesse impattato su tutto il Sistema Solare in un sol colpo e questo l’avrebbe lasciato indenne. Diedi l’ordine di attivare lo schermo protettivo della capsula con l’intero equipaggio e di accendere il motore a curvatura… Ben presto lo spazio di fronte a noi si sarebbe corrugato ed avremmo attraversato in poco meno di un mese i cento anni luce che ci separavano da PX235479.

Nessun intoppo… A parte controlli e manutenzioni normali il motore a curvatura fece il suo compito e, dopo una quindicina di giorni, cominciammo a decelerare. Pochi giorni dopo lo spazio era tornato quasi piatto, se non per la piccola buca gravitazionale di PX235479… Scorgemmo il sistema planetario e la “Superterra”: cinque pianeti con uno più grande, gassoso e poco più piccolo di Giove, altri due giganti fluidi, paragonabili a Urano e Nettuno ed un pianeta di tipo terrestre simile per dimensioni a Venere, ma surriscaldato come Mercurio (era quasi alla stessa distanza). Anche qui una cintura di comete ed una fascia di corpi del tutto simile a quella di Kuiper.

Ci eravamo materializzati da poco in quella regione della Via Lattea e mi apprestavo a lanciare un segnale di saluto verso la Superterra… Non ce ne fu bisogno… Siamo stati affiancati da tre astronavi e da una, più grande, proveniva un segnale prima indistinto, poi chiaro: eravamo entrati in contatto con la civiltà della Superterra ed una voce sintetizzata elettronicamente iniziò a parlare:

-          Benvenuti nel Sistema di Sadon, stranieri! Siamo armati e potremmo disintegrarvi in un solo istante, ma sono anni che non conosciamo più le guerre! Se venite in pace accoglieremo una vostra delegazione sull’astronave madre! Che il comandante risponda!...
-          Anche noi veniamo in pace, sono il Capitano Kirk dell’astronave Enterprise, veniamo dal Sistema Solare, nello stesso braccio galattico a cento anni luce da voi, replicate se comprendete il nostro messaggio!...
-          Abbiamo compreso anche le vostre onde mentali Kirk, avete parlato con cuore sincero!... Ci stiamo sintonizzando sul vostro sistema di comunicazione per farci vedere e vedervi!... E’ un po’ rudimentale, ma avevate previsto un sistema di interazione con altre civiltà!... Eccoci!...

Lo schermo di interazione si illuminò e potemmo vederli all’interno dell’astronave madre… Erano umanoidi indistinguibili, all’apparenza, da noi!... La prima barriera era stata superata!... La voce aveva preso forma e continuò:

-          Sono Zantor, comandante di questa astronave madre e della flotta di guardia… Al mio fianco, Selion, comandante in seconda!... Chi è quel Vulcaniano al tuo fianco Kirk?...
-          E’ Spok!... Anche lui ha poteri di sostituzione con me!... Come fai a conoscere i Vulcaniani?...
-          Abbiamo viaggiato più di voi e conosciamo da più tempo la Galassia!... Propongo di teletrasportarvi qui a bordo, non serviranno tute particolari, la nostra biochimica è uguale alla vostra, anche noi ci chiamiamo “uomini”, perché anche nella nostra lingua il nostro concetto di esistenza è legato al nostro pianeta!...
-          Che vuoi dire? Conosci molte cose su di noi!...
-          E’ da tempo che vi stiamo studiando, ma voglio rispondere alla tua domanda!... In latino “uomo” si dice “homo” e “terra” si dice “humus”… In ebraico, “uomo” si dice “adam”, “terra” si dice “adamah”. La Terra è il vostro pianeta… Credo di non dover aggiungere altro!...
-          Accettiamo di venire sulla vostra astronave!...
-          Salite sulle postazioni di teletrasporto, penseremo noi al resto!...

Pochi secondi dopo ci materializzammo nella loro astronave madre, dove fummo accolti da un ulteriore benvenuto, a seguito del quale Zantor chiese:

-          Terrestri, so il perché vi siete avventurati in questo viaggio verso il Sistema di Sadon…
-          Sapete leggere i nostri pensieri e se ci state studiando lo sapete già!… Il nostro mondo è sovraffollato e sta soffrendo una dura crisi ambientale… Siamo stati incaricati di trovare un altro pianeta abitabile!…
-          Non sappiamo leggere tutti i pensieri, ma solo quelli recenti e collegati ad un ragionamento in corso di fonazione. E’ una capacità che abbiamo sviluppato nei nostri cervelli grazie ad un lungo periodo di pace e di armonia col nostro pianeta… La cosa, oltre a farci apprendere immediatamente tutte le lingue umane, ci ha spinti tutti ad una forte introspezione… Per noi l’altro non è un nemico, ma un membro d’un’unica famiglia nella quale ci sentiamo tutti liberi, uguali e fratelli… La “Superterra” che abitiamo si chiama Soranne, come la sua capitale!…
-          Una capitale planetaria… Sulla Terra è ancora un sogno!...
-          E’ da tempo che vi teniamo d’occhio, avete avuto la sfortuna di nascere su un mondo più piccolo di Soranne, dove avete ben presto cominciato a competere per le risorse e siete entrati in conflitto tra voi… Vi sarete chiesti come mai siamo così simili!…
-          Si!...
-          La verità è che i nostri sistemi planetari sono stati originati da una stessa nube di gas che cinque miliardi di anni fa si separò in due nuclei indipendenti… Forze non locali li divisero, ma ebbero un’evoluzione comune… Come direste voi, siamo fatti della stessa polvere di stelle!…
-          Del resto il sistema di PX235479 o Sadon, come voi lo chiamate, ha fortissime analogie col nostro Sistema Solare, come anche Soranne è straordinariamente simile alla Terra, solo un po’ più grande e questo, come dici tu, è stata la vostra fortuna!…
-          Non fu sempre così Kirk, una civiltà intelligente si convince ben presto d’essere regnante, non parte d’un unico ambiente… Anche la nostra non ha fatto eccezione e su uno dei suoi dodici continenti, un po’ più piccolo degli altri, la pressione per competere divenne forte… Attribuirono un valore intrinseco alla moneta, che ben presto si frantumò generando stati sovrani e lotte fratricide!…
-          Come risolveste il tutto?
-          Stavamo perseguendo l’obiettivo d’una lingua comune su tutti i continenti, ma su quello sfortunato gli idiomi si stavano separando… Tutta colpa dell’interesse egoistico che montava, divideva e consumava risorse non riproducibili… Iniziammo a trattare, ma non bastava… Iniziammo ad aiutarli, ma i conflitti riemergevano e c’era sempre chi, cavalcando la protesta, nascondeva l’interesse di pochi dietro l’interesse comune… Non era facile governare continui focolai di lotta, tant’è che certe idee stavano penetrando altrove!…
-          Poi?!...
-          Uno di noi scoprì la Rete di comunicazione globale… Un qualcosa di simile alla vostra Internet, che fu ben presto seminata strutturalmente di quei sani principi che faticosamente volevamo portare avanti con parole e trattati… Soranne iniziò a cambiare in meglio perché la maggioranza dei suoi abitanti lo voleva!…
-          Come?!
-          E’ giusto che ci teletrasportiamo nel palazzo centrale su Soranne… Lo vedrete dal vivo!...

Pochi secondi dopo eravamo nel palazzo centrale, una sorta di Sede del Governo planetario e da lì, presa una monorotaia a levitazione magnetica ci avventurammo dentro Soranne…

Enormi e numerosi parchi verdi dove bambini giocavano felici e dove i genitori avevano facce distese e sorridenti. Per le strade, pochi veicoli propri… Non sembrava una metropoli affannata, ma l’unione di tante piccole unità quasi autosufficienti ed intercomunicanti con grandi schiere di aerogeneratori e pannelli fotovoltaici ben incastrati nell’ambiente… Palazzi e abitazioni in cristallo e lega leggera, i cui contorni sembravano seguire la luce che tra essi si diffondeva… Giardini pensili… Tutto emanava luce, serenità, armonia…

Ci trasferimmo su un veicolo volante e potemmo vedere grosse installazioni su isole artificiali nell’oceano simili a centrali che sfruttano le correnti marine… Erano imponenti, ma non sembravano affatto ferire il mare, anzi, vi si integravano benissimo!... Altre, più piccole ed immerse in immensi “polmoni verdi”, erano forse centrali a biomassa che emettevano piccoli sbuffi di vapore acqueo… Fossero state anche centrali a combustibile fossile, di sicuro prevedevano un trattamento/sequestro dei gas serra. Ero estasiato dal vedere un ambiente così sereno ed azzardai un’affermazione:

-          Vedo che avete risolto il problema dell’urbanizzazione e dell’energia!...
-          Non solo quello… Ma non è stato semplice… Fu un lungo percorso che partì dalla Rete di comunicazione globale!…
-          Come?!
-          La gran parte di noi era convinta che si poteva vivere in armonia con l’ambiente e nel loro pensiero tecnologico e costruttivo perseguivano questo principio, ma in maniera piuttosto individuale. Le risorse non mancavano e non c’era molta propensione ad unire gli sforzi, ma non c’era neanche conflitto… Tutto cambiò quando sul continente più piccolo diedero valore intrinseco al denaro e cominciarono guerre interne… Ben presto si comprese che bisognava fare qualcosa di più strutturale: i livelli di gas serra stavano aumentando, anche se in quantità molto più blanda di quanto è avvenuto sul vostro pianeta… Se quelle idee consumistiche avessero preso il sopravvento si sarebbe arrivati ad una distruzione globale, per questo tentammo di dissuadere quel comportamento e le menti più illuminate si diedero da fare… Una di queste illuminazioni fu la Rete di comunicazione globale!…
-          Non mi hai ancora spiegato cos’ha fatto la Rete!...
-          Ci arrivo adesso!... Annullò le distanze e rese inutile la documentazione scritta… Sapete bene che la velocità d’un segnale luminoso è di gran lunga più alta rispetto a quella d’un qualsiasi spostamento fisico… In tal modo, l’informazione diventava fruibile da tutti quasi in modo non locale… E’ questo il presupposto per passare da singoli individui a sistema… La Rete poteva creare un corpo che prendeva personalità sua, prescindendo dalle singole componenti… Questo corpo, però, doveva essere dotato d’un cuore e d’un cervello e questi dovevano essere votati al Bene Comune per non essere distruttivi… Presto si capì che il Bene dell’individuo e la sua libertà erano una diretta conseguenza del Bene Comune, mancando il secondo, il primo non poteva esistere!… Capimmo anche per amministrare con giustizia una comunità il cui fine è il Bene Comune, per quanto grande fosse, erano importanti le azioni decisionali, non i documenti intermedi… Molte azioni potevano essere delegate a macchine comandate che ben presto ci avrebbero liberato dalla schiavitù della computazione…
-          Ma questo lo hanno già fatto i calcolatori!...
-          No!... Computazione non è solo calcolo!... Ogni azione ripetibile nello stesso modo è computazione ed in linea di principio può essere svolta da una macchina… Una catena di azioni ripetibili è comunque una computazione che può essere svolta da più macchine che collaborano, liberando l’uomo dalla ripetitività e dalla frenesia… L’animo dell’uomo non è computazione, perché le sue azioni si rivolgono, nel profondo, alla piena consapevolezza del suo mondo e di tutto ciò che gli sta attorno… Questo non è ripetibile, ma cresce continuamente ed anela al Bene Comune!... Non sappiamo se i cicli dell’Universo (e quindi della Natura) sono computazione e proprio per questo abbiamo scelto di viverci in armonia, rispettandoli, studiandoli e cercando di prevedere azioni potenzialmente distruttive…
-          Come vedete il lavoro?...
-          Il lavoro è un’azione che trasforma o costruisce e, in ambo i casi, lo deve fare senza ledere Soranne… Se trasforma solo informazione è inutile recarsi in un luogo specifico per un tempo fissato, lo si può fare dalla propria abitazione, vivendo la propria vita familiare e di relazione. Se trasforma materie prime questo non è vero, ma l’automazione ha molto ridotto la necessità di presenza materiale, in più siamo interessati al fatto che il processo non deve ledere il nostro pianeta… La nostra attività, dunque, è più di controllo che non d’impiego di forza fisica… Se, infine, costruisce opere queste devono essere in perfetta armonia con Soranne e nascono da una forte condivisione della loro necessità, dopo aver constatato di non arrecare danni al pianeta…
-          Ecco la potenza della Rete… Un potente veicolo che vi ha reso un unico organismo… I vostri nervi, i vostri arti… Il vostro sentire d’essere corpo vivente planetario… Ora mi spiego il vostro sapere, la vostra bontà, la vostra serenità: la Rete l’avete usata per liberarvi dalla schiavitù di sentirvi re conquistatori…
-          Bravo Kirk!... E’ una figura retorica un po’ strana, quella che voi definireste “ossimoro”, l’accostamento di due contrasti: “schiavitù d’essere re”… Ma, in fondo in fondo, è la verità che ci ha fatto capire che il denaro non ha alcun valore intrinseco… E’ solo merce per comprare altra merce che non fa altro che chiudere il circuito produttivo e completare la Rete di comunicazione globale facendo passare di mano il risultato delle azioni di tutti… Nulla di più e nulla di meno… C’è una sola moneta su Soranne e, francamente, quasi non ricordo più come l’abbiamo chiamata… E’ detta ovunque “unità di scambio” e basta…
-          C’è posto per il genere umano su Soranne?
-          Si!, a parità di superficie ci sono quasi sei continenti liberi, ma non credo vi servirà… Rimarremo mondi amici figli delle stesse stelle, ma sulla vostra vecchia Terra avete cominciato a ragionare come molti anni prima di voi abbiamo già fatto noi… Ci impiegherete un po’ di più, ma il coraggio non vi manca… Porta sul tuo pianeta i semi di ciò che hai visto e capito, è questo il più grande regalo che posso farti!...
-          Sa già di saluto!...
-          Quasi!... Faremo scendere la tua astronave allo spazioporto di Soranne e faremo festa per l’incontro di due civiltà galattiche, poi ognuno sul proprio pianeta continuerà o comincerà a costruire sul serio!…
-          Ma ci vorrà molto tempo per poter accendere il motore a curvatura sulla via del ritorno!...
-          Teletrasporteremo l’intera astronave!…

L’Enterprise si materializzò su Soranne, poi venne il momento di partire e ci teletrasportarono nella stessa posizione dove avvenne il primo incontro tra me e Zantor. Abbiamo imparato tanto… La tecnologia sostenibile esiste, se l’uomo col suo sapere e le sue azioni ci crede… La Rete è solo il primo, ineludibile, passo al quale ne devono seguire tanti altri nella stessa direzione!...

-          Accendi il motore a curvatura Spok!... Si torna sulla Terra per costruire un mondo migliore!

Fantascienza, vero? Eppure questo cammino sta già cominciando dalla crisi del mondo consumistico, dalla crisi dell’Euro che ha spinto tanti paesi ad unirsi per essere più forti, da un vertice di Durban che sta faticosamente portando avanti il nuovo modello della c.d. “economia verde” (forse un nuovo modello di sviluppo si profila all’orizzonte?) e da una Rete che, pian piano sta coprendo il pianeta e, se come Pubblica Amministrazione ci sappiamo fare, potrà essere veramente l’alba d’una rinascita globale… Un secondo Rinascimento, stavolta, però, quasi planetario perché anche altri cominceranno, prima o poi, a seguire le stesse orme…

Forse è utopia… La storia ce ne darà atto, ma già si notano i semi buoni e, purtroppo, quelli cattivi (un Regno Unito che decide di non aderire al trattato europeo, una Russia che ancora pensa di spendersi le ricchezze del sottosuolo, una Cina economicamente intransigente ed aggressiva, un Occidente che si sta leccando ancora le ferite d’un modello di crescita sbagliato).

Guardiamo il bicchiere mezzo pieno ed auguriamoci che le prossime azioni vadano nel verso giusto, anzi, facciamo in modo che ci vadano!…

Mi perdonerete i nomi strani che ho tratto dalla letteratura della Fantascienza, ma volevo mostrarvi, nell’accostare le due civiltà, due percorsi possibili: uno fortemente centrato sull’individuo e sullo sfruttamento dissennato delle risorse, che inesorabilmente porta verso una strada distruttiva (anche se, all’apparenza, può soddisfare nel breve-medio periodo sogni di ricchezza e potere), paragonato ad un altro che ha deciso globalmente di vivere in armonia col suo ambiente coltivando interessi costruttivi. In tutti e due, una Rete di comunicazione che se ben utilizzata e promossa può condurre naturalmente verso il progresso.

Capisco il forte contrasto che trasuda dal racconto e l’esasperazione (a volte utopica) di molti concetti, ma la verità è che molti studi (veri e reali) suffragano la concreta possibilità che “sulla Terra ci sia ancora posto” se non si persegue ad oltranza nello sfruttamento dissennato delle risorse sotto il vessillo del consumismo (che alla lunga non persegue il Benessere di tutti, perché vince chi, per sua fortuna, “consuma di più” affamando, per sua sfortuna, chi “consuma di meno”). Tali voci, però, sono soffocate da interessi e potere… Non è facile far breccia a parole, ma con le azioni si…

A tal punto è giusto chiedersi il ruolo della Politica e della Pubblica Amministrazione in un panorama che sta già mostrando segni di caduta strutturale: nella Politica, presa come accezione nobile, si giunge alla sintesi dei desideri d’una collettività, mentre la Pubblica Amministrazione ha il dovere di dar corpo a quei desideri in piena libertà d’azione, perché questo è il suo ruolo istituzionale… Potenziando, attraverso la Rete i meccanismi d’azione, costruzione e condivisione di soluzioni essa non solo getta le basi d’una società più giusta, ma può correggere gli errori della Politica attraverso un leale gioco alla pari tutto da costruire e da porre come esempio ovunque ve ne sia necessità.

I meccanismi d’azione, costruzione e condivisione di soluzioni, ora più che mai, non sono appannaggio delle macchine, ma degli uomini!... Di quella risorsa umana che aspetta d’essere pienamente incentivata per estrinsecare, con responsabilità diffusa, il suo valore… La Pubblica Amministrazione, attraverso la Rete può cablare una comunità al servizio del Paese ed il valore globale di questa comunità è proprio il ROI dell’investimento sulla telematizzazione… Fallire questo obiettivo con i soliti bizantinismi sarebbe l’errore più grave per il managment dell’azienda Italia!

Probabilmente ci risentiremo ancora… Per valutare qualche effetto concreto della “telematizzazione diffusa” e per dare contributi di idee. Ora come ora non posso dirvi altro che “passeggiare serenamente per le vie di Soranne” e mettere in pratica quei concetti che sanno più di scienza attuale che non di fantascienza… Nei prossimi post, difatti, servirà scienza, non fantascienza.