A partire dal mio rientro (definitivo) sembra che la Terra stia
facendo tutto da sola e nel modo peggiore, come ben s’addice alla “Legge di Murphy”. Vale
la pena spendere due parole su quest’ultima legge prima di addentrarsi in
meandri più recenti. Wikipedia, dall’alto della sua libertà, la definisce come
la mancanza di memoria della probabilità (il
fatto che un evento sia improbabile non vuol dire che esso non possa
verificarsi già nel corso dei primi tentativi, e che non possa poi ripetersi a
distanza di breve tempo). Io amo definirla come il fatto che l’entropia di
ciò che esiste (concetto che, nel senso comune è associato al disordine) può
rimanere costante od aumentare, ma mai diminuire (la Fisica, almeno, dice così…).
Ma chi ci dice che ciò che aumenta è il disordine? Chi siamo noi per
definire compiutamente ciò ch’è ordine o disordine? Non potrebbe essere un naturale
aumento di situazioni indipendenti all’interno delle quali ciascun ente trova,
per tentativi più o meno maldestri, la sua nicchia ecologica? In fin dei conti,
l’evoluzione, nel senso darwiniano del termine, è piena d’esempi di tal genere
(estinzioni di massa ed occupazione degli spazi lasciati liberi da parte di
altri esseri viventi).
Lasciamo da parte la Fisica ed immergiamoci in ciò che sta scuotendo
il mondo, specialmente quello che viene definito civilizzato o industrializzato
che dir si voglia: scandali,
dissolutezza, e strenua difesa dello status quo, trasferendo ad altri ingenti
moli di debito frutto d’un denaro sempre più considerato fine anziché mezzo.
I consumi sinora sono stati spinti al massimo, facendo credere a tutti che ciò
rappresentava l’essenza stessa d’un benessere duraturo.
Ahimé!... E’ arrivata la resa dei conti!... Da più parti si sta
prendendo atto che si è giunti al limite critico ed i vari governi stanno
cercando di tagliare i costi aggredendo l’aggredibile, che nella maggior parte
dei casi altro non è che il Welfare (in quanto più facile da tagliare), vero
cemento di tutte le democrazie evolute.
Il popolo, ovviamente, non ci sta ed inizia a prefigurare altre vie
per il futuro, adesso confuse ed urlate, poi, sempre meglio strutturate,
formalizzate e convergenti ad uno stesso fine: cambiare il modello di sviluppo
propendendo più per la sostenibilità che per la crescita infinita (che
fisicamente è impossibile). Nuovi scenari stanno prendendo corpo scuotendo dal
torpore quelle istituzioni (ormai marce) che sinora hanno rappresentato modelli
da emulare.
E’ l’inizio d’una rivoluzione scoppiata in seno al tempio
dell’economia (America, Europa, Cina e Sud-Est Asiatico). Nessuno può più
permettersi di stare a guardare: è come se avessimo scoperto che un magnifico
palazzo era solo un bellissimo intonaco che racchiudeva (e nascondeva) muri e
pilastri marci. Vale la pena abbattere e ricostruire, giacché l’intonaco non è
struttura portante…
Dove si andrà a finire (o a sbattere, secondo qualcuno che ancora
s’arrabbatta per difendere la propria ed ormai indifendibile posizione) non è
certo, dipenderà da quanto si riuscirà a costruire e da quanto menti veramente illuminate
potranno dare una sterzata definitiva a questo pessimo stato d’involuzione.
Inutile citare situazioni concrete: basta guardarsi attorno… Ciò che è
importante è che il nuovo resti nuovo e pulito, senza lasciarsi incantare dalle
solite sirene d’omerica memoria. Le nuove forze (che ora ai più appaiono
“disordine”) devono mantenersi pure ed integre ma non per principio o
puntiglio, giacché non servirebbe a nessuno, ma per essere d’esempio costruttivo
per far scaturire il giusto “mea culpa” in tutti coloro che hanno portato il
mondo sino a questo stato.
Non servono frasi altisonanti né citazioni di luminari (anche se è
giusto trarre insegnamento dalla storia), occorre prendere atto che un modello
è morto (o meglio, agonizzante) ed un altro è nato col compito di costituire un
nuovo paradigma per il futuro gettandosi alle spalle (seppur ricordandoli, per
monito) gli errori del passato.